Appello: “Per favore, non abbiate paura e non siate omertosi! Chi sa qualcosa la dica…”
E’ questo, in sintesi, il messaggio che arriva alla nostra Redazione dalla famiglia Carbone-Lacaria. Massimo Carbone (nella foto), lo ricordiamo, è quel motociclista che, domenica 28 marzo scorso, intorno alle ore 16.00/16.30, ha perso la vita allorquando, in sella alla sua moto, per cause imprecisate, è rovinosamente caduto sull’asfalto lungo il viale Scopelliti (il viale, per intenderci, che collega Catona e lo svincolo autostradale Arghillà-Catona al popoloso quartiere alla periferia nord della città). Dalle prime risultanze sull’accaduto parrebbe che il tutto sia stato archiviato mettendo a verbale la velocità a cui il tachimetro della Yamaha (nella foto) si è fermato dopo l’impatto (contro un lampione della luce ed un albero il cui fusto è stato tranciato di netto) e, quindi, come un incidente causato solo ed esclusivamente dall’alta velocità a cui lo sfortunato motociclista sembrerebbe stesse percorrendo il viale. Questa causa, però, stride con le dichiarazioni che la moglie Manuela Lacaria ha rilasciato. Conoscendo Massimo, ovviamente, meglio di chiunque altro lo descrive come un uomo tranquillo, pacato, attento e scrupoloso anche nella guida di quel bolide a due ruote che, di fatto, lo ha condotto alla morte.
Appare, quindi, difficile, ma comunque non impossibile, che Massimo stesse “volando” alla velocità impressa sul tachimetro che è di ben 168 km/h. La circostanza dell’incidente mortale lascerebbe presupporre che Massimo fosse in corsia di sorpasso (a sinistra della carreggiata proprio in prossimità dello spartitraffico dove ci sono sia il lampione che l’albero di cui sopra) e che il “sorpassato” abbia repentinamente svoltato a sinistra per ripercorrere in senso inverso a quello della marcia del motociclista (Catona-Arghillà) peraltro con una manovra consentita ma ugualmente ardimentosa. Ha, quest’ultimo, attivato gli indicatori di direzione o no? E, se lo ha fatto, prima di svoltare si è accertato o meno se, da dietro, sopraggiungesse qualcuno in fase di sorpasso a cui, comunque, avrebbe dovuto dare la precedenza consentendogli di ultimare la manovra? Ricordiamo che il Codice della Strada non recita e non dispone che se si attivano gli indicatori di direzione tutto è consentito. L’attivazione degli stessi (le cosiddette frecce, per intenderci) non cautelano affatto dalle responsabilità di eventuali incidenti l’automobilista/motociclista che si occupa e preoccupa di azionarli. Recita, invece, che colui che segnala il proprio cambiamento di direzione lo fa solo ed esclusivamente per manifestare preventivamente l’intenzione di, appunto, cambiare direzione, sorpassare, svoltare a destra o sinistra, uscire da un parcheggio o quant’altro. Il Viale Scopelliti, sia in discesa (Arghillà-svincolo autostradale-Catona) che in salita (Catona-svincolo autostradale-Arghillà), appare particolarmente pericoloso proprio perché largo ed apparentemente praticabile senza alcun pericolo. Invece, numerose sono le stradine che sia in un verso che nell’altro confluiscono sullo stesso e spesso la segnaletica viene disattesa assieme alle più banali regole del Codice della Strada presenti con apposita segnaletica orizzontale e verticale. In prossimità, poi, del luogo dell’impatto, sul lato opposto del viale stesso, in direzione Arghillà-svincolo autostradale-Catona, è presente uno “stop” per chi scende affinché chi, invece, sale abbia la possibilità di effettuare un’inversione ad “U” e cambi direzione. A Massimo gli è stata tagliata la strada ed ha perso il controllo rovinando sull’asfalto? Parrebbe, inoltre, che proprio in prossimità dello “stop” una Panda Bianca (nuovo tipo) con a bordo due donne si sia immediatamente arrestata non tanto per lo “stop” previsto, ma perché ha visto l’incidente e la potente moto sbalzare verso di loro. E’ vero? E’ questo che la famiglia Carbone, sua moglie Manuela ed il loro piccolo, vogliono sapere. Non gli importa nulla dare la colpa (o il “concorso di colpa”) a qualcun altro; non gli importa speculare su una tragedia familiare di cotante proporzioni; Massimo non c’è più e nessuno glielo potrà restituire e questa è l’inesorabile verità. Manuela ed il suo bimbo vogliono solo sapere cosa sia successo realmente, l’unica causa individuata come l’alta velocità del loro Massimo non li convince affatto proprio in virtù dell’indole serena, tranquilla e coscienziosa del loro congiunto. Noi de “Il Reggino.it” ci siamo messi immediatamente a disposizione della famiglia cercando, con il nostro appello, di far uscire allo scoperto chi sa qualcosa e che può essere certamente utile alle indagini. Non c’è proprio nulla di cui aver paura contattandoci per fare luce sull’accaduto, Manuela vuole e deve sapere perché il suo Massimo non c’è più. PER QUESTO MOTIVO, CHI SA QUALCOSA, PER FAVORE LA COMUNICHI O DIRETTAMENTE ALLA SIGNORA CARBONE (carbonelacaria@tin.it) O, FAREMO NOI DA TRAMITE, ALLE NOSTRE MAIL INDICATE A SINISTRA SULLA HOME DEL SITO (mauriziogangemi@ilreggino.news o ilreggino@ilreggino.news), OPPURE ANCORA AI RECAPITI TELEFONICI DEL SOTTOSCRITTO SEMPRE LI’ INDICATI (349 1956789 – 366 2690502). Anticipatamente grazie per coloro i quali vorranno collaborare con la famiglia e con noi.