Reggio Calabria, su arresto giornalista Francesco Gangemi, il presidente Antonio Eroi oppone questione di principio indicata da Corte Strasburgo

di Tiziana Primozich. Roma, 6 ottobre – Che il lavoro di giornalista spesso sia scomodo, soprattutto quando sfiora poteri forti, è risaputo a tal punto che anche la Corte di Giustizia europea di Strasburgo ultimamente è stata più volte sollecitata ad esprimere sentenze su casi specifici, in tema di reato di diffamazione a mezzo stampa.

 

Ultima in ordine di tempo quella sul ricorso presentato da Maurizio Belpietro, ex direttore de ‘Il Giornale’ ed attualmente del quotidiano ‘Libero’, condannato per tale reato a quattro mesi di detenzione, caso su cui la Corte ha stabilito pochi giorni fa che “a causa della misura e della natura della sanzione imposta l’ingerenza nel diritto alla libertà d’espressione non era proporzionata ai fini perseguiti”. Senza voler commentare ma ricordando che proprio la Ue ci indica da tempo la strada della depenalizzazione su un reato che in maniera controversa sembra oltraggiare la libertà di stampa e di pensiero costituzionalmente tutelata, si riportano le dolorose parole del figlio di Gangemi , Maurizio, anch’egli giornalista e direttore de ‘Il Reggino’ che dalla sua  testata scrive: “Le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l’opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntarli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel Dna la sete di Giustizia, che ognuno di noi dovrebbe avere, è recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di Mio Padre!!!”. “Malgrado non sia mai stato trattato con benevolenza dal direttore Gangemi, anzi più volte apparso in prima pagina nelle foto che indicavano ai lettori i ‘mostri’ della politica reggina, – ha dichiarato a seguito dell’arresto di Gangemi, il presidente del consiglio Provinciale di Reggio Calabria Antonio Eroi, – “ tuttavia , per essere uomo di istituzioni e per il ruolo ricoperto in Consiglio d’Europa come rappresentante delle autonomie locali ai tavoli in difesa dei Diritti Umani, chiedo l’immediata scarcerazione di Francesco Gangemi. La libertà di stampa è diritto essenziale e base della democrazia in Europa, così come più volte la stessa corte di Strasburgo ha stabilito. Unica sanzione possibile quando un giornalista offende l’altrui reputazione è quella pecuniaria. Considerare in termini penali il lavoro giornalistico può condurci a non realizzare più una corretta opinione personale sugli accadimenti della vita politica e sociale. ‘L’opinione  è una libertà alla stregua dell’aria, – affermava Cesare Beccaria, giurista e filosofo italiano del periodo illuminista – bene primordiale ed insostituibile’, e questa è anche la convinzione di chi persegue i Diritti dell’Uomo che dall’Illuminismo in poi vengono affermati” conclude Eroi al nostro giornale. Benchè giornalista ‘scomodo’ Francesco Gangemi prima d’ora non era mai stato condannato per diffamazione a mezzo stampa, nonostante i numerosi procedimenti affrontati, nei quali era sempre stato assolto. Il procedimento che ha portato all’arresto di oggi è in “esecuzione ad un ‘Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione’ emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania ed a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri

Fonte:

http://www.dailycases.it/?p=4656

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In carcere per diffamazione giornalista di 79 anni

REGGIO CALABRIAIn carcere a 79 anni con una condanna per diffamazione a mezzo stampa. E' quanto accaduto a Francesco Gangemi, classe 1934, giornalista pubblicista dal 1983, direttore del periodico mensile Il Dibattito che esce Reggio Calabria.

 

Gli agenti della squadra mobile della città calabrese hanno notificato al giornalista un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Catania a firma del sostituto procuratore generale Elvira Tafuri. Alla base del provvedimento c'è l'ultima sentenza, passata in giudicato che lo riguarda, del 21 novembre 2012 emessa dal tribunale della città etnea. In tutto, però, sono otto le sentenze emesse, dal 2007 al 2012, a carico del direttore del mensile nei tribunali di Reggio Calabria, Cosenza e Catania, in gran parte per il reato di diffamazione. In un solo caso, inoltre, Gangemi, è stato condannato per falsa testimonianza: la vicenda è relativa all'attività politica svolta dal giornalista che ha anche ricoperto la carica di sindaco di Reggio Calabria, per poche settimane, agli inizi degli anni '90 in un periodo molto travagliato per la città calabrese dello Stretto. L'arresto. Gangemi, dopo l'arresto, è stato portato prima in Questura e, in seguito, nella casa circondariale San Pietro di Reggio Calabria. Nel provvedimento di arresto della magistratura si legge anche che il "condannato" Gangemi "ha omesso di presentare l'istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti". A dare notizia dell'arresto di Gangemi è stato il figlio, giornalista anche lui e direttore di un sito d'informazione on line che, dopo avere definito "grottesco" il provvedimento, ha ha fatto riferimento alle patologie di cui soffre il padre che, ha aggiunto, si è visto assegnare una "invalidità al 100%". Fnsi. Il provvedimento di carcerazione ha provocato l'immediata reazione della Federazione della stampa. "E' allucinante – hanno commentato il segretario generale, Franco Siddi, e il vicesegretario nazionale e segretario del Sindacato giornalisti Calabria, Carlo Parisi – che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere. Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee". Siddi e Parisi, nella dichiarazione, hanno fatto appello al Parlamento "perché voglia, con urgenza riformare la legge sulla diffamazione" e si sono rivolti anche alle cariche istituzionali dello Stato per chiedere "una considerazione appropriata e umana del caso che faccia uscire al più presto il giornalista Gangemi dalle patrie galere". A favore dell'appello si è schierata anche l'Unione cronisti.

 

 

Fonte:

http://www.repubblica.it/cronaca/2013/10/06/news/in_carcere_per_diffamazione_giornalista_di_79_anni-68040902/?ref=HREC1-2

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In cella nonostante la malattia: giustizia inflessibile con giornalista di 79 anni condannato per diffamazione

di Michele Inserra. E’ stato arrestato e rinchiuso nel carcere “San Pietro” il direttore responsabile del mensile di Reggio Calabria “Il dibattito”, Francesco Gangemi, 79 anni. Nonostante le sue precarie condizioni di salute e l’età avanzata il giornalista è finito dietro le sbarre.

 

Ieri tre poliziotti hanno bussato alla sua porta di casa e lo hanno arrestato a seguito di un “Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione” emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania e a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri. Molte le reazioni all'arresto di Gangemi con diverse sollecitazioni alle istituzioni perché possano essere affrontati sia il caso specifico di Gangemi sia, più in generale, le posizioni dei giornalisti nella legge sulla diffamazione a mezzo stampa. OTTO CUMULI DI PENA. Il direttore è stato prima condotto alla Questura di Reggio e successivamente trasferito alla casa circondariale “San Pietro”.  Il giornalista deve scontare due anni di reclusione per otto sentenze definitive emesse in diverse procure calabresi e siciliane per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Tra i cumuli pene spunta anche una condanna ad un anno di reclusione per falsa testimonianza emessa dal tribunale di Reggio Calabria il primo marzo del 1997. I fatti, in questa unica circostanza, non riguardano l’attività giornalistica, ma quella politica. I fatti risalgono al 1992 quando un terremoto giudiziario investì la giunta comunale reggina guidata dal sindaco democristiano Agatino Licandro per un presunto abuso amministrativo riguardante l'arredo urbano: il processo si risolse con una generale assoluzione per gli assessori. L’allora primo cittadino (finito in manette per l’accusa di aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire) decise di collaborare con la giustizia e  rendere delle dichiarazioni che consentirono ai magistrati di far luce su questioni importanti della vita politica e cittadina. All’epoca Gangemi era consigliere comunale e dopo le dimissioni di Licandro fu sindaco per sole tre settimane nel  corso del mese di luglio del 1992. Prima della tangentopoli reggina aveva denunciato nell’aula consiliare di Palazzo San Giorgio che in qualche stanza del comune le valigette entravano piene di soldi e ne uscivano vuote. Al processo che ne scaturì, interrogato dal giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare le fonti di quanto aveva denunciato in consiglio. Il giudice lo condannò a un anno di reclusione per falsa testimonianza. Da 35 anni Gangemi è direttore de “Il dibattito”. Nel corso della sua attività ha incassato otto condanne definitive: dalla Corte d’Appello di Reggio (l’8 febbraio del 2006; il 28 novembre del 2006, il 18 febbraio del 2010; il 17 novembre del 2010); dalla Corte d’Appello di Catania (il 10 gennaio del 2011; il 10 luglio del 2013), dal Tribunale di Cosenza (il 28 settembre del 2012). Gangemi è stato rinchiuso in carcere per aver omesso «di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti». Il cumulo delle pene risulta essere pari a sei anni di reclusione a cui vanno sottratti tre anni per i benefici dell’indulto (ex legge n.241 del 2006) e un anno dedotto per i periodi riconosciuti fungibili (aveva espitato dal 9 novembre del 2004 al 9 novembre del 2005) una condanna emessa il 3 novembre del 2004 dal Gip di Catanzaro. «Le sentenze si rispettano – scrive Maurizio, il figlio di Gangemi sul sito ilreggino.news di cui è responsabile – Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l'opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntargli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel Dna la sete di Giustizia che ognuno di noi dovrebbe avere è, da oggi, recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di mio padre».

 

Fonte:

http://www.ilquotidianodellacalabria.it/news/717599/In_cella_nonostante_la_malattia__giustizia__inflessibile__con_giornalista_di____anni_condannato_per_diffamazione.html

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Incredibile a Reggio: giornalista 79enne arrestato come se fosse il peggiore dei criminali

di Maurizio Gangemi* – Ebbene sì, stavolta lo scoop tocca proprio a me farlo. Per certi versi me lo sarei volentieri risparmiato (lo capirete bene) mentre per altri mi fa piacere scrivere per primo dell’arresto di mio padre. Sì, mio padre!

 

Ieri mattina, due uomini ed una donna della Polizia di Stato di Reggio di Calabria (garbatissimi ed al contempo sconcertati per il dover adempiere a simile ordine ricevuto), proprio nel giorno della visita in Città del loro Capo dr. Alessandro Pansa, dando esecuzione ad un “Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione” (artt. 663 segg. C.P.P.)  emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania ed a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri, hanno dapprima accompagnato in Questura e, poi, alla Casa Circondariale “San Pietro”, il pericolosissimo giornalista reggino Francesco Gangemi. Colpevole di cosa? Associazione a delinquere, truffa, estorsione, omicidio colposo o premeditato? Rapina, stupro, molestie e maltrattamenti? Rapina, corruzione, abuso d’ufficio o traffico di rifiuti radioattivi? Nulla di tutto questo, ovviamente. La pericolosità sociale del Gangemi, che impone al Tribunale di emettere tale provvedimento e che lo relega il reo in una cella delle patrie galere è dovuta all’aver commesso nientepopodimeno che il reato di… diffamazione a mezzo stampa (art. 595 C.P.). Minchia, signor Tenente (come cantava Giorgio Faletti)! In sostanza non un reato “veniale” come potrebbe essere l’omicidio colposo (magari commesso guidando sotto l’effetto di alcol e/o droga per il quale al reo sono concessi gli arresti domiciliari) o l’abuso d’ufficio (magari commesso in ambienti istituzionali per il quale al reo è comunque garantita la libertà fino a dopo il terzo grado di giudizio e, fors’anche, dopo). No, il reato gravissimo di cui si è macchiato il Gangemi è addirittura “diffamazione a mezzo stampa” durante la propria direzione de “Il Dibattito”. Oddio, in verità ne ha commesso anche un altro di reato (quello specificato al punto 1) del provvedimento: quello di cui all’art. 372 C.P. (“falsa testimonianza”). A proposito di quest’ultimo, sapete perché è stato condannato? Perché non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto “scandalo delle fioriere” o “tangentopoli reggina” che investì la Città della Fata Morgana nel 1992. In quell’epoca, l’intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani “La città dolente”) per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all’epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre. Vero? Adesso so che vi stupirò scrivendo, consapevolmente, che le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l’opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntarli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel DNA la sete di Giustizia che ognuno di noi dovrebbe avere è recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di MIO PADRE!!! *Maurizio Gangemi, giornalista, direttore responsabile de http://www.ilreggino.news/

 

 

Al collega Francesco Gangemi, arrestato come se fosse il peggiore dei criminali, e a tutta la sua famiglia, la Redazione di StrettoWeb esprime la più sentita solidarietà e vicinanza.

Fonte:

http://www.strettoweb.com/2013/10/incredibile-reggio-giornalista-79enne-arrestato-se-fosse-il-peggiore-dei-criminali/96259/

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Francesco Gangemi: tutta la storia del giornalista in galera per diffamazione

di Alessandro D’Amato. Sono otto le sentenze emesse, dal 2007 al 2012, a carico del giornalista di 79 anni, Francesco Gangemi nei tribunali di Reggio Calabria, Cosenza e Catania, in gran parte per il reato di diffamazione.

 

Lo scrive l’Ansa, ricordando che solo in un caso, Gangemi, è stato condannato per falsa testimonianza, ed è la vicenda fa riferimento all’attività politica del giornalista che ha anche ricoperto la carica di sindaco di Reggio Calabria con l’appoggio della Democrazia Cristiana per poche settimane, agli inizi degli anni ’90 in un periodo travagliato per la città calabrese dello Stretto. L’ARRESTO DI FRANCESCO GANGEMI – L’arresto di Gangemi è stato eseguito dagli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria, città dove il giornalista risiede, su provvedimento emesso dalla Procura generale di Catania a firma del sostituto procuratore generale Elvira Tafuri perché l’ultima sentenza, passata in giudicato, è quella del 21 novembre del 2012 emessa dal tribunale della città etnea. Gangemi, dopo l’arresto, è stato condotto in Questura e successivamente, nel carcere di Reggio Calabria. Nel provvedimento di arresto si legge che Gangemi ”ha omesso di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti”. Da qui la sospensione della revoca e la carcerazione. LA NOTIZIA DELL’ARRESTO –  A dare la notizia dell’arresto di Francesco Gangemi, avvenuto ieri, è stato il figlio Maurizio che dirige il sito di informazione on line Il Reggino. In un articolo Maurizio Gangemi scrive, fra l’altro, che: Le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100%; posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntargli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi”. LA STORIA DELLA FALSA TESTIMONIANZA – Molto importante è ricordare anche perché è stato condannato per falsa testimonianza: Perché non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto “scandalo delle fioriere” o “tangentopoli reggina” che investì la Città della Fata Morgana nel 1992. In quell’epoca, l’intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani “La città dolente”) per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all’epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre. Gangemi, dopo l’arresto, è stato condotto prima in Questura e, successivamente, nella casa circondariale San Pietro di Reggio Calabria. «E’ allucinante – hanno commentato il segretario generale, Franco Siddi, e il vicesegretario nazionale e segretario del Sindacato giornalisti Calabria, Carlo Parisi – che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere. Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi appare una mostruosita’ difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla liberta’ di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee».

Fonte:

 

http://www.giornalettismo.com/archives/1148071/francesco-gangemi-tutta-la-storia-del-giornalista-in-galera-per-diffamazione/comment-page-1/?replytocom=1087621

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Reggio di Calabria: arrestato il pericolosissimo giornalista Francesco Gangemi. Era inserito nell’elenco dei 5 giornalisti più pericolosi d’Italia stilato da tutti i Ministeri del Paese

(01) Ebbene sì, stavolta lo scoop tocca proprio a me farlo. Per certi versi me lo sarei volentieri risparmiato (lo capirete bene) mentre per altri mi fa piacere scrivere per primo dell’arresto di mio padre. Sì, mio padre! 

 

Stamane, due uomini ed una donna della Polizia di Stato di Reggio di Calabria (garbatissimi ed al contempo sconcertati per il dover adempiere a simile ordine ricevuto), proprio nel giorno della visita in Città del loro Capo dr. Alessandro Pansa, dando esecuzione ad un “Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione” (artt. 663 segg. C.P.P.) (in basso) emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania ed a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri, hanno dapprima accompagnato in Questura e, poi, alla Casa Circondariale “San Pietro”, il pericolosissimo giornalista reggino Francesco Gangemi. Colpevole di cosa? Associazione a delinquere, truffa, estorsione, omicidio colposo o premeditato? Rapina, stupro, molestie e maltrattamenti? Rapina, corruzione, abuso d’ufficio o traffico di rifiuti radioattivi? Nulla di tutto questo, ovviamente. La pericolosità sociale del Gangemi, che impone al Tribunale di emettere tale provvedimento e che lo relega il reo in una cella delle patrie galere è dovuta all’aver commesso nientepopodimeno che il reato di… diffamazione a mezzo stampa (art. 595 C.P.). Minchia, signor Tenente (come cantava Giorgio Faletti)! In sostanza non un reato “veniale” come potrebbe essere l’omicidio colposo (magari commesso guidando sotto l’effetto di alcol e/o droga per il quale al reo sono concessi gli arresti domiciliari) o l’abuso d’ufficio (magari commesso in ambienti istituzionali per il quale al reo è comunque garantita la libertà fino a dopo il terzo grado di giudizio e, fors’anche, dopo). No, il reato gravissimo di cui si è macchiato il Gangemi è addirittura “diffamazione a mezzo stampa” durante la propria direzione de “Il Dibattito”. Oddio, in verità ne ha commesso anche un altro di reato (quello specificato al punto 1) del provvedimento: quello di cui all’art. 372 C.P. (“falsa testimonianza”). A proposito di quest’ultimo, sapete perché è stato condannato? Perché non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto “scandalo delle fioriere” o “tangentopoli reggina” che investì la Città della Fata Morgana nel 1992. In quell’epoca, l’intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani “La città dolente”) per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all’epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre. Vero? Adesso so che vi stupirò scrivendo, consapevolmente, che le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l'opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntarli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel DNA la sete di Giustizia che ognuno di noi dovrebbe avere è, da oggi, recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di MIO PADRE!!!

 

 

 

 

 

 

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Reggio Calabria: arrestato il pericolosissimo giornalista Francesco Gangemi. Era inserito nell’elenco dei 5 giornalisti più pericolosi d’Italia stilato da tutti i Ministeri del Paese

Ebbene sì, stavolta lo scoop tocca proprio a me farlo. Per certi versi me lo sarei volentieri risparmiato (lo capirete bene) mentre per altri mi fa piacere scrivere per primo dell’arresto di mio padre. Sì, mio padre!

 

Stamane, due uomini ed una donna della Polizia di Stato di Reggio di Calabria (garbatissimi ed al contempo sconcertati per il dover adempiere a simile ordine ricevuto), proprio nel giorno della visita in Città del loro Capo dr. Alessandro Pansa, dando esecuzione ad un “Provvedimento di esecuzione di pene concorrenti con contestuale ordine di esecuzione per la carcerazione” (artt. 663 segg. C.P.P.) (in basso) emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania ed a firma del Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri, hanno dapprima accompagnato in Questura e, poi, alla Casa Circondariale “San Pietro”, il pericolosissimo giornalista reggino Francesco Gangemi. Colpevole di cosa? Associazione a delinquere, truffa, estorsione, omicidio colposo o premeditato? Rapina, stupro, molestie e maltrattamenti? Rapina, corruzione, abuso d’ufficio o traffico di rifiuti radioattivi? Nulla di tutto questo, ovviamente. La pericolosità sociale del Gangemi, che impone al Tribunale di emettere tale provvedimento e che lo relega, il reo, in una cella delle patrie galere è dovuta all’aver commesso nientepopodimeno che il reato di… diffamazione a mezzo stampa (art. 595 C.P.). Minchia, signor Tenente (come cantava Giorgio Faletti)! In sostanza non un reato “veniale” come potrebbe essere l’omicidio colposo (magari commesso guidando sotto l’effetto di alcol e/o droga per il quale al reo sono concessi gli arresti domiciliari) o l’abuso d’ufficio (magari commesso in ambienti istituzionali per il quale al reo è comunque garantita la libertà fino a dopo il terzo grado di giudizio e, fors’anche, dopo). No, il reato gravissimo di cui si è macchiato il Gangemi è addirittura “diffamazione a mezzo stampa” durante la propria direzione de “Il Dibattito”. Oddio, in verità ne ha commesso anche un altro di reato (quello specificato al punto 1) del provvedimento: quello di cui all’art. 372 C.P. (“falsa testimonianza”). A proposito di quest’ultimo, sapete perché è stato condannato? Perché non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto “scandalo delle fioriere” o “tangentopoli reggina” che investì la Città della Fata Morgana nel 1992. In quell’epoca, l’intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani “La città dolente”) per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all’epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre. Vero? Adesso so che vi stupirò scrivendo, consapevolmente, che le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po’. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100% (senza diritto di accompagnatore e, quindi, senza indennizzo economico – diciamo l'opposto di qualche onorevole, ecco!); posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntarli dosi ed orari. E’ una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E’ così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi. In nessun altro Paese civile, un giornalista che ha nel DNA la sete di Giustizia che ognuno di noi dovrebbe avere è, da oggi, recluso in un carcere! Che sia chiaro a tutti (a scanso di equivoci e qualora non lo si fosse colto): oggi, più di ieri, sono fiero ed orgoglioso di MIO PADRE!!!

Fonte:

 

http://jeaccuse.eu/index.php/testimonianze-dal-mondo-mainmenu-26/27-servizi-giornalistici-sp-604/593-reggio-di-calabria-arrestato-il-pericolosissimo-giornalista-francesco-gangemi.html

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