Reggina Calcio S.p.A.: “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.)

Non sono ancora trascorse 72 ore dal nuovo repulisti in casa amaranto che già si torna in campo. Esonerati Novellino e, prima volta nella storia recente della Reggina Calcio S.p.A., anche il direttore sportivo Martino, la Reggina del nuovo tecnico Iaconi e del “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) Lillo Foti (nella foto con Iaconi) sarà tra meno di un paio d’ore di scena a Lecce. Non vogliamo, però, parlare di calcio giocato, di moduli, di giocatori. Stavolta, vogliamo invece andare a vedere, analizzandole, per rifletterci un pò su, le “perle” a cui abbiamo assistito nel corso dell’ultimo lustro della storia amaranto. E’ sotto gli occhi di tutti che qualcosa non quadra, ma non da adesso. Quella che per molti anni era stata una Società solida, modello, lungimirante, capace di ottenere nel 1999 la storica promozione in serie A, di mantenerla, di essere portata ad esempio in tutto il panorama calcistico nazionale, di essere per molti anni l’orgoglio dell’intero meridione, dal 2004 ha cominciato a dare segni di cedimento sotto più di un punto di vista.

Sia ben chiaro, “cedimento” a guardare bene le cose ed a leggerle con attenzione dall’esterno ed in maniera diremmo assolutamente equidistante non vantando amicizie all’interno della s.p.a. o non facendo preparare pranzetti ad hoc per i vari allenatori o, meglio ancora, non essere mai ospiti di nessuno che sia un tesserato amaranto. “Cedimento” per noi, allora, perché se e quando parliamo con “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) ci risponderebbe: “sinceramente, eh eh eh, non ci appartiene la parola cedimento… la Reggina è, eh eh eh, una Società solida che ha dei valori simpatici ed importanti…” e via discorrendo. Ma andiamo con ordine.
Perla n. 1. E’ da poco terminata la stagione calcistica 2003/2004, la Reggina salva si appresta a costruire la squadra per il suo quinto anno di serie A e “saltano” le prime teste. In un colpo solo sbattuti fuori Franco Jacopino (42 anni al servizio amaranto, in ogni angolo della penisola universalmente riconosciuto quale grandissimo uomo di sport, gran diplomatico, grande cultura e via dicendo) e Gabriele Martino (il direttore sportivo che, con la sua opera, ha innegabilmente scritto pagine importanti della storia amaranto, promozione in A compresa). Ovviamente ricorderete lo “scalpore”, ma anche lo sdegno, che ne nacque in quei giorni. E così “sono e faccio tutto io” resta solo (forse, n.d.r.) al comando: un generale e nessun soldato se non qualcuno da “esercito della salvezza”.

Perla n. 2. E’ l’estate del 2005 e la Reggina, ancora abilmente e fortunatamente salva ed in procinto di disputare il suo sesto anno di A, si ritrova al centro di una vera e propria bufera economico-finanziaria. Per merito dell’allora presidente del Bologna, tale Gazzoni-Frascara (legittimamente parte in causa perché appena retrocesso in B con la sua squadra), viene fuori infatti che l’iscrizione al successivo campionato di A da parte della Reggina di “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) non è regolare. Salta agli onori delle cronache sportive e non solo, che la Società amaranto ha versato il denaro destinato alla fidejussione da versare alla Lega Calcio ad una società finanziaria che non ha titolo, caratteristiche, levatura e quant’altro, per adempiere il ruolo di ciò che gli è stato chiesto. Scoppia un pandemonio: Gazzoni-Frascara chiede l’esclusione della Reggina dal prossimo campionato di A a beneficio del suo Bologna che così sarebbe ripescato nel massimo campionato; la Reggina risponde andando a chiedere contribuiti a Regione, Provincia e Comune per versare quanto dovuto; la Lega concede una deroga alla Società amaranto ed, alla fine, miracolosamente, la squadra di “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) si iscrive al campionato tra mille e mille polemiche che durano nel tempo tant’è che, se errore non facciamo, Gazzoni-Frascara ottiene il rinvio a giudizio del suo omologo reggino e la Legge provvederà in futuro a dire chi dei due avrà ragione.
Perla n. 3. E’ l’estate del 2006 e scoppia il caso “Calciopoli” o “Moggiopoli”, chiamatelo come volete. Poteva mai la Reggina starne fuori? No! Certo che no! Era a conoscenza di tutti che tra l’ex direttore generale della Juventus e “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) vi fossero eccellenti rapporti tanto personali quanto professionali. Senza entrare nel merito visto che lo farà anche in questo caso la Giustizia ordinaria, la Giustizia sportiva punisce la Società amaranto con 15 punti di penalizzazione poi ridotti ad 11. La Reggina risponde sul campo con il suo più grande campionato di sempre. Realizza 51 punti effettivi e, con 40 ufficiali in classifica, al termine della stagione 2006/2007 si salva ancora ponendo in essere un’impresa che, oggettivamente, sa di “miracolosa”. Lodi, lodi, lodi a tutti unitamente alla cittadinanza onoraria reggina per gli “eroi” amaranto.
Perla n. 4. Inizia l’era del dopo Mazzarri (l’ultimo grande allenatore visto sulla sponda amaranto dello Stretto dopo, secondo noi, Scala, Gustinetti e De Canio). Chiuso un ciclo importantissimo e denso di risultati straordinari dal punto di vista sportivo con il tecnico di San Vincenzo, “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) decide che è venuto il momento di affidarsi ad un emergente. Sceglie Massimo Ficcadenti, esonerato nel corso del precedente campionato a Verona, e lo aspetta fino a quasi il giorno prima di andare in ritiro perché rescinda il contratto che lo lega ancora alla Società scaligera. Mamma mia che tragedia! Un allenatore con in testa solo gel e niente idee (tant’è che ci pare, da allora stia allenando all’oratorio sotto casa). “Sono e faccio tutto io”, visti i risultati indecenti ed il gioco (in)espresso, si affida al decano degli allenatori italiani. Quel Renzo Ulivieri che, di fatto, ufficializza il passaggio dalla padella alla brace. Una cosa è certa, ove Ficcadenti aveva fallito (perché fortunatamente alienato in tempo utile) Ulivieri ci stava per riuscire: la retrocessione in B era prossima. “Sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r) aguzza l’ingegno e giacché è notorio il suo cortissimo braccio destinato a prendere il portafoglio o a firmare assegni o contratti, scopre che un allenatore “fatto in casa” ce l’ha già. O meglio, qualcuno gli suggerisce di andare a cercare il “tesoro” al Sant’Agata su qualche campo diverso da quello principale. Et voilà, Nevio Orlandi è servito. I giocatori si mettono “la testa a posto” ed alla guida di Orlandi si conquista la salvezza ancora a dir poco “miracolosa”.
Perla n. 5. “Sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) non trova o non può trovare di meglio sul mercato ed all’ultimo riconferma Orlandi. Parte malissimo il campionato. Cambio di allenatore e dal cilindro spunta tale Bepi Pillon. 4 partite bastano per capire che “non è cosa sua” e squadra di nuovo riaffidata al buon ed onesto Orlandi. I “miracoli” a volte non si ripetono e lo spogliatoio amaranto è una palestra di boxe. Portieri che se le danno di santa ragione, giocatori che mandano a quel paese il tecnico, fazioni tra chi gioca e chi non gioca, fatto sta che la squadra è la peggiore di sempre vista in A. Peggiore ancora di quella della retrocessione dopo lo spareggio con il Verona nel 2002 ed “artefice” delle famigerate 8 sconfitte consecutive con alla guida Colomba. Retrocessione ovvia, scontata, prevedibile e meritata. La prima stellina (per i previsti dieci campionati in A) cade indecorosamente nemmeno fosse la notte di San Lorenzo. Durante la stagione, qualche giorno prima del Santo Natale, ecco che Babbo porta in dono il ritorno del figliol prodigo non andatosene sua sponte ma delegittimato 4 anni prima. Gabriele Martino rientra nei ranghi e, all’interno della Società, scoppia il parapiglia. Ma come mai 4 anni prima non gli rinnova il contratto e, adesso, lo riaccoglie? Che per caso “l’altro gallo nel pollaio” lo impone? Mah! Forse. Il vice-presidente – che durante il campionato 2004/2005 aveva avuto a che dire, e forse più, con Martino in tribuna al Granillo nel suo nuovo ruolo di DS della Lazio – rassegna le dimissioni salvo poi giungere a più miti consigli e ritirarle. La Reggina, come detto, retrocede mestamente ed indecorosamente, Martino non opera né in entrata né in uscita e “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r) dapprima magari pensa che se la vede lui, fallito questo obiettivo coglie la palla al balzo e, per “merito” della retrocessione, elimina tutta l’erba marcia all’interno della “rosa” amaranto.
Perla n. 6. “Sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.) prepara la squadra per il corrente campionato cadetto partendo dall’allenatore: giunge a Reggio Walter Alfredo Novellino. Un curriculum di tutto rispetto, 4 campionati di B vinti, ma anche 2 esoneri recentissimi a Torino. Di certo, comunque, l’entusiasmo tra i tifosi cresce e l’ambiente comincia a ricompattarsi. Un unico dubbio ci attanaglia: come faranno a coesistere Novellino e Martino sapendo bene essere in possesso di caratteri per certi versi molto simili? Cozzeranno di certo, abbiamo pensato! E non ci pare di esserci sbagliati. Fatto sta che uno allena, l’altro lavora nella sua stanza e, presumiamo, se si siano detti due volte “ciao” sarà stato troppo. La squadra? Insieme al tecnico irpino ma residente a Perugia, giungono in riva allo Stretto giocatori certamente di categoria che fanno sì che, in sede di presentazione, il nuovo mister coni lo slogan “sono qui per vincere”. Da quasi subito le cose non vanno come sperate. La squadra piena zeppa di esperienza ma anche di giocatori prossimi al pensionamento, zoppica evidentemente producendo 9 punti in 10 gare. Ah, prima che dimentichiamo. La fase di epurazione continua: prima di partire per il ritiro, viene lasciato a casa l’addetto stampa! La Reggina è l’unica Società di calcio professionistica che non ha un giornalista, un ufficio stampa, un ufficio delegato alla comunicazione, in organico. Indecente? Forse anche qualcosa di più! L’epurazione continua eliminando anche il magazziniere, oseremmo dire, storico. “Questo è troppo”Torniamo a noi dopo l’inciso. Dopo l’ennesima gara persa a Torino (pensa che culo Novellino: esonerato 2 anni di fila dal Torino ed esonerato dalla Reggina dopo la sconfitta a Torino!), al rientro a Reggio il giorno dopo, “sono e faccio tutto io” decide: “via Sansone con tutti i filistei!” O perbacco! Un colpo alla botte ed uno al cerchio. “Via Novellino che ho voluto io e via anche Martino che ha voluto “lui””. E perdindirindina! Ed anche il quinto allenatore in due anni solari è fatto fuori (Iaconi è il sesto). La spiegazione ufficiale di questo nuovo cataclisma: “il progetto iniziale (l’immediato ritorno in serie A, n.d.r.) è fallito per cui via tutti”! Eh no, “caro” “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.). Se per ciò che concerne l’allenatore il discorso non fa una grinza (lo dicono i risultati ottenuti sul campo), per quanto riguarda il direttore sportivo o dici la verità o t’inventi un’altra scusa plausibile. Se per Novellino, contrattizzato un anno con l’opzione per il secondo, il tutto ci può stare, per Martino, contrattizzato per 5 anni, allora non regge la stessa motivazione. E’ facilmente comprensibile che l’aver contrattizzato il DS per 5 anni, il “progetto” con lui avesse una scadenza ben più ampia e più a lungo raggio. O no? Non è così? Ci pare di ricordare che a Colomba, allora legato alla Reggina per 3 stagioni, fu permesso persino di perdere 8 gare consecutive e di retrocedere ma anche di riportare in A la Reggina dopo un solo anno. O ricordiamo male, signor “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.)?
5 anni, 5 stagioni calcistiche, 6 “perle”. La parabola societaria, dopo aver raggiunto il vertice, ha iniziato nel 2004 la discesa. O non pare anche a voi? Siamo dei ciarlatani se abbiamo raccontato così la nostra opinione in merito alla “storia” recente della Società di “sono e faccio tutto io” (forse, n.d.r.)? Vigili seguiremo il prosieguo, e scevri da condizionamenti ve ne daremo conto. Noi si!

Condividi sui social

Author: Maurizio Gangemi