Reggio Calabria, 7 ott. (LaPresse) – Giornalista, 79 anni, arrestato sabato a Reggio Calabria per falsa testimonianza e diffamazione a mezzo stampa. E' la storia di Francesco Gangemi, direttore del mensile 'Dibattito News'. Il figlio, Maurizio, scrive sul sito del 'Reggino' che il padre è stato condannato "perchè non ha rivelato, dinnanzi al Giudice, le proprie fonti. Gli ultraquarantenni come me ricorderanno certamente il cosiddetto "scandalo delle fioriere" o "tangentopoli reggina" che investì la Città della Fata Morgana nel 1992.
In quell'epoca, l'intera Giunta Licandro venne arrestata (tranne il Licandro che si pentì e collaborò finendo anche tra la letteratura con il libro a 4 mani "La città dolente") per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire. Mio padre, all'epoca Consigliere comunale, se non ricordo male ancor prima che scattassero le manette alla Giunta, in aula a Palazzo San Giorgio, si alzò dallo scranno ed affermò che in qualche stanza le valigette entrano piene (di soldi) e ne uscivano vuote. Al processo che ne seguì, interrogato dal Giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare chi ed in che circostanza gli diede la notizia. Reato gravissimo, quello commesso da mio padre". Il figlio di Gangemi però aggiunge: "Le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po'". Dura la reazione dell'Fnsi che, in una dichiarazione congiunta del segretario generale Franco Siddi e del vicesegretario nazionale Carlo Parisi, scrive: "È allucinante che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere". "Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi – affermano Siddi e Parisi – appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee. Anche le idee più 'forti' hanno diritto di esistere. Francesco Gangemi è chiamato a scontare due anni di pena residua dopo che la Procura della Repubblica di Catania ha dichiarato decaduti i benefici di sospensione condizionale della pena, in diverse circostanze, per i suoi articoli pubblicati sul periodico 'Il Dibattito'. Sorprende che la magistratura, pur in presenza di una legislazione che prevede il carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa, e che perciò è stata giudicata incompatibile dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non abbia individuato misure alternative alla detenzione al pari di quelle che vengono riconosciute in quasi tutte le parti d'Italia a fior di delinquenti ultrasettantenni per crimini efferati di ben altra natura". "Ci appelliamo al Parlamento perché voglia, con urgenza – concludono ancora Siddi e Parisi – riformare la legge sulla diffamazione come si è impegnata a fare di recente la Camera, per evitare il ripetersi di questi dolorosi sconci. Alle cariche istituzionali dello Stato chiediamo, infine, una considerazione appropriata e umana del caso che faccia uscire al più presto il giornalista Gangemi dalle patrie galere".
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