ESCLUSIVA. Sallusti su IP difende Gangemi: “Violata la libertà di stampa, scarceratelo”

di Mariacristina Lani. “Mi sono mosso anch’io per vedere se si può andare in carcere a trovarlo. E’ una vergogna della classe giudiziaria, ma a questo punto anche della classe politica, che ci sta prendendo per il culo. Quando è successo a me si sono sperticati tutti in mille parole dicendo che si sarebbero adoperati per cambiare la situazione e invece ora siamo ancora qua. Forse noi giornalisti ce lo meritiamo.

 

La categoria, non dico tutti certamente, si mobilita solo per le presunte minacce contro la libertà di stampa di Silvio Berlusconi o solo a sostegno dei giornalisti di sinistra… auguro di sbagliarmi, ma temo che se fosse per i giornalisti, Francesco Gangemi potrebbe marcire anche in carcere”. Sono molto dure le parole che mi rilascia Alessandro Sallusti, il Direttore de Il Giornale, che ha vissuto sulla propria pelle l’umiliazione di un arresto per “diffamazione a mezzo stampa”, scontato ai domiciliari, quando lo raggiungo telefonicamente per condividere con lui l’appello che Francesco Gangemi dal carcere di Reggio Calabria, tramite il figlio Maurizio, ha affidato alle pagine di Italiapost, sapendo che ci saremmo occupati della sua vicenda “Io sono solo un piccolo anello della catena. Mi piacerebbe che dalla mia vicenda si arrivasse a cambiare questa legge assurda e far sì che tutti i giornalisti venissero trattati come se fossero Alessandro Sallusti”. Francesco Gangemi è il giornalista che, a 79 anni, nella giornata di Sabato scorso è stato arrestato e tradotto nel carcere di Reggio Calabria per scontare la pena detentiva di 2 anni, su provvedimento firmato dal Sostituto Procuratore Generale Elvira Tafuri, a seguito alla condanna di 2 anni, per il reato di “diffamazione a mezzo stampa”. La notizia, passata un po’ inosservata,  compare sui giornali nei giorni scorsi a seguito di un comunicato di solidarietà e denuncia, firmato da Pirovano e Gallizzi dell’Ordine dei Giornalisti di Milano. Le informazioni sono scarne, non soddisfacendomi, decido quindi di mettermi in contatto con la famiglia del giornalista, riuscendo a parlare con il figlio Maurizio. Maurizio mi spiega perché suo papà,  alla nobile età di 79 anni,  è stato arrestato? “Vede mio padre è sempre stato un giornalista che non ha mai avuto paura di raccontare nei suoi articoli la verità, o presunta tale visto la condanna. Non ha mai avuto paura di nessuno anche quando parlava di fatti che toccavano politici e la magistratura. Questa condanna a 2 anni di reclusione è il risultato di un cumulo di otto capi d’imputazione sempre per diffamazione a mezzo stampa (art 595 c.p.) più un altro per falsa testimonianza. Sono decine e decine i processi che ha subìto mio padre per diffamazione e per cui è sempre stato assolto. Questa volta invece è stato ritenuto colpevole di diffamazione a mezzo stampa, nonché di falsa testimonianza”. Falsa testimonianza? Sì, questo è ciò che prevede l’articolo 372 del codice penale (articolo 372. Falsa testimonianza. Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni, n.d.r.), ma in verità lui ha preso 1 anno di reclusione su questo reato perché non ha voluto rivelare davanti ai giudice le sue fonti, durante il famoso processo cosiddetto “scandalo delle fioriere” o “tangentopoli reggina”. Siamo nel 1992, quando tutta la Giunta Licandro venne arrestata per aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di lire. Mio padre, all’epoca Consigliere comunale, credo ancor prima che venissero effettuati gli arresti, proprio nell’aula del Consiglio di Palazzo San Giorgio, la sede dell’amministrazione comunale, alzandosi davanti a tutti affermò che in qualche stanza le valigette entravano piene – ovviamente di soldi –  e ne uscivano vuote. Al processo, si rifiutò categoricamente di rivelare al Giudice chi,  e in quale  circostanza, gli avesse dato la notizia. Cioè non rivelò le sue fonti”. Ma, leggendo le carte, vedo che questa condanna di 2 anni è il risultato burocratico delle condanne ricevute? “Esatto, sono contento lo abbia notato. Mio padre a 79 anni condannato e  arrestato, come un delinquente incallito, un pericoloso criminale”. Di solito ciò è previsto in particolari circostanze come reiterazione del reato, trafugamento delle prove, possibilità di fuga o addirittura su capi di imputazione di stampo mafioso. Suo padre è stato mai coinvolto in un processo di mafia o, secondo lei, saputa la sentenza, ha dato segnali di una probabile fuga? Ma si figuri, pensi che quando è arrivato il dispositivo, aveva già preso contatti con i servizi sociali per l’affidamento, perché comunque ciò gli avrebbe permesso di fare qualcosa di utile e continuare a fare quello che ha sempre amato fare, scrivere. Per quanto riguarda altri reati nel 2004 venne arrestato a seguito di una serie di articoli poiché aveva pubblicato degli atti processuali. Anche in quell’occasione venne arrestato, addirittura preventivamente la sentenza, e si fece 3 settimane in carcere e 1 anno ai domiciliari. Alla sentenza venne assolto con formula piena. Dopo oltre quattro anni venne assolto con formula piena e ora dovrà essere risarcito per quel periodo di detenzione ingiustificata!” Sicuramente suo padre è uno che non sta zitto… “Mio padre è un uomo che crede profondamente in ciò che fà e non ha mai avuto paura di dire tutta la verità, anche se questa poteva risultare scomoda e mettere in pericolo la sua libertà. I tanti processi subìti ne sono la prova e anche questa condanna, che ora lo vede in carcere, è ancora da definire. Mio padre è stato anche Sindaco di Reggio Calabria, nelle file dell’ex Democrazia Cristiana, e nonostante tutto non ha mai smesso di denunciare, di indagare su politica e magistratura…sappiamo tutti argomenti un po’ difficili”. Ma come mai il carcere, comunque a questa età in ogni caso non si commina il carcere? “Anche questo è un fatto molto strano, su cui l’avvocato che segue mio padre, l’avvocato Lupis, sta alacremente lavorando per risolverlo.Quando è stata emessa la sentenza e prodotto il provvedimento esecutivo, nei tempi stabiliti dalla legge, l’avvocato Lupis, concorde  con mio padre che era ben cosciente di ciò che la condanna avrebbe comportato, si è attivato per la richiesta dei servizi in prova o comunque i domiciliari. Peccato che avendo ricevuto il documento della sentenza in ritardo ciò abbia provocato un ritardo anche nel deposito della richiesta e quindi, per tutti i meccanismi burocratici del caso, questa non sia stata presa in considerazione – da qui l’omissis – e quindi per mio padre sono scattate le manette”. Accanimento e burocrazia? “Beh…accanimento è un pensiero soggettivo, burocrazia sen’altro”.  E come ha reagito suo papà al momento dell’arresto? Può immaginare, vista l’età, ma non tanto per l’emotività, quanto, uomo di vecchi principi e modi, per come ha affrontato la cosa. Veramente con estrema dignità. Era a casa, Sabato scorso verso l’ora di pranzo, con mia mamma e alla porta si sono presentati tre funzionari della Pubblica Sicurezza. Ci tengo a precisare, e per favore lo riporti nel suo articolo, che sono stati di un garbo e di una gentilezza incredibile. Loro sicuramente più imbarazzati di mio padre. Gli hanno spiegato la cosa, fatto leggere le carte e con grande rispetto e decoro lo hanno portato prima in questura e poi al San Pietro, il carcere di Reggio Calabria. E ora come sta? Crede riuscirete a far sì che la detenzione si tramuti in domiciliari o affidamento ai servizi? “Come le dicevo quando ci siamo sentiti prima, stavo giusto andando a trovarlo. L’ho trovato bene, tranquillo. E’ in una cella con altri tre detenuti, molto più giovani di lui, ovviamente. Sono molto gentili con lui, lo aiutano, si danno da fare per dargli un po’ di conforto. Mio padre ha raccolto la sua richiesta di affidare, tramite me,  al vostro giornale un suo messaggio e vi ringrazia di questo, e mi ha detto di dirvi che spera di essere l’anello di inizio di una catena per cui nessun giornalista abbia mai più a subire un tale trattamento, che in Italia i giornalisti siano tutti trattati come lo fu Alessandro Sallusti. Ovviamente stiamo lavorando affinché torni a casa il più presto possibile e io spero di vederlo in famiglia anche Sabato prossimo. Per lui, ma anche per mia mamma che, anziana anche lei, è quella che in questa vicenda ha sofferto più di tutti”. Guardi Maurizio, per quello che è nelle nostre possibilità le prometto che Italia Post non abbasserà la guardia sulla vicenda del suo papà, anzi ci faremo promotori sin da subito di un appello che giunga fino al Presidente della Repubblica per destare la giusta attenzione su questa vicenda… La ringrazio per il vostro impegno… anche il vice presidente del consiglio provinciale di Reggio Calabria, Antonio Eroi, sta portando il caso alla valutazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ovviamente ci terremo informati sulla vicenda. Grazie. La vicenda, anche per la vicinanza professionale, mi lascia un po’ con l’amaro in bocca e quindi cerco anch’io conforto nelle parole di Enzo Iacopino, presidente del nostro ordine che, non dicendo, ma facendo ben capire mi dice “Adesso nessuna dichiarazione. Non è il momento. Facciamo che esca dal carcere e poi rilasceremo dichiarazioni. Prima c’è l’uomo”. La vicenda è oggettivamente alquanto imbarazzante, lo stesso Procuratore Capo di  Milano, Edmondo Bruti Liberati, dichiara di “aver inviato una circolare a pm e viceprocuratori onorari di Milano per esortarli ad attenersi ai principi sanciti dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 24 settembre scorso in cui si dichiarava la posizione contro la detenzione in carcere per i giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa. Cosa per cui il nostro Paese è stato condannato per violazione della libertà di espressione” Difatti la Corte Europea ritiene la pena detentiva per questo reato una pena sproporzionata in relazione alla tutela della libertà di espressione. Non solo sembra che il Procuratore abbia invitato i suoi colleghi milanesi a segnalare alla sua personale attenzione i “casi nei quali potrebbero ricorre circostanze eccezionali che renderebbero sproporzionata la richiesta di applicazione della pena detentiva”. Per Italia Post questo non è solo un articolo, ma un vero e proprio scritto che suggella l’inizio di un percorso che porti a cambiare veramente la legge e siamo felici, ringraziandolo, che anche il Direttore Sallusti, oltre a essere stato anch’egli protagonista di una simile vicenda, da Direttore voglia manifestare la sua solidarietà a questo pensiero, ma soprattutto a Francesco Gangemi in primis sapendo che,  anche un po’ con il nostro aiuto “si metterà personalmente in contatto con il figlio, per andare a trovare e salutare Francesco Gangemi”. Italia Post tutta, con il suo Direttore Salvatore Todaro in testa, seguirà la vicenda fino a quando Francesco Gangemi non tornerà a casa. Fino ad allora un nuovo “fiocco” (vedete i “simboli” su esposti) campeggerà sulla nostra testata, perché, con il nostro lavoro, ci impegniamo per portare sempre tutti a casa.

Fonte:

http://www.italiapost.info/82312-esclusiva-sallusti-su-ip-difende-gangemi-violata-la-liberta-di-stampa-scarceratelo/

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Author: Maurizio Gangemi