Tutta l’Italia si appresta a festeggiare il Natale conservando ancora intatte, o addirittura riscoprendole, molte consuetudini ed usi antichissimi che racchiudono in sé un patrimonio culturale incommensurabile. In Calabria, in questo periodo, si tramandano da secoli riti, manifestazioni e rappresentazioni di grande partecipazione popolare. In numerosi borghi antichi vengono allestiti dei presepi viventi i cui personaggi sono interpretati dagli abitanti del posto che mettono in scena la Natività (nella foto). Tra questi menzioniamo il presepio organizzato nel borgo incantato di Gerace dove le vie, i palazzi antichi e le chiese, animate da folletti, melodie e luci, faranno da scenografia ad un’accurata rivisitazione storica.
Notevole poi, in questi ultimi anni, è la riscoperta di abitudini ormai perse. Basti pensare, in proposito, alla tradizione della “Strina”, tipico canto di augurio dei questuanti per la solennità natalizia: i suonatori andavano di casa in casa a portare la “buona novella” della nascita di Cristo, ottenendo in cambio uova, formaggio, olio, vino e salumi. Con le migliorate condizioni economiche delle popolazioni rurali, questa consuetudine è andata scomparendo quasi del tutto per tornare ad essere riproposta attualmente dalle compagnie popolari durante i concerti tenuti nel periodo natalizio. Ed ancora, seppure molto ridimensionata, si rinnova la tradizione degli zampognari con il loro abbigliamento caratteristico, costituito dalle c.d. “calandrelle” (calzature costituite da un pezzo di pelle di mucca di forma rettangolare, cucita in punta e lasciata aperta al tallone, con strisce di pelle che s’incrociano ripetutamente fin sopra alla gamba), giacca di velluto e pantaloni di fustagno. Ē comune, inoltre, a quasi tutti i paesi della Calabria accendere nella notte di Natale dei grandi fuochi, detti focare o focarine, sui sagrati delle chiese. Attorno a questi falò, fatti ardere fino alle prime luci del mattino, si canta, si balla, si ride e si scherza tutta la notte. In Calabria, oltretutto, religiosità e gastronomia procedono di pari passo. Il cenone della vigilia deve essere di magro e devono presentarsi in tavola tredici pietanze. Tra di esse non possono mancare le crispelle, frittelle di farina rotondeggianti variamente farcite con lo zucchero, il miele o le acciughe. Il dolce caratteristico è il classico torrone. Ad esso se ne affiancano altri tipici della tradizione culinaria calabrese tra cui i petrali, morbidi biscotti ripieni di un impasto di fichi secchi e noci. Ē innegabile che il Natale si stia trasformando in una festa consumistica, ma possiamo affermare con altrettanta certezza che, se cerchiamo bene, troveremo posti magici in cui gli usi ben radicati ci consentiranno di godere appieno l’atmosfera natalizia più autentica.