Ancora un motociclista morto, l’ennesimo, vittima del “mostro” che aveva sotto la sella. Una moto (Yahama 1000 cc) (nella foto di Peppe Praticò), un viale (Scopelliti) verosimilmente libero, senza traffico e maledettamente invogliante a girare la manopola del gas, un uomo morto (Massimo Carbone, 46 anni) (nella foto mestamente coperto da un telo), una vedova ed un orfano. Questo il “quadro” diabolicamente dipinto dal destino ieri pomeriggio. Sul viale che porta, in salita, da Catona e dallo svincolo autostradale verso il popoloso quartiere di Arghillà, periferia nord della città, si è consumato l’ennesimo dramma della strada. Un uomo in sella al suo bolide, forse causa l’eccessiva velocità probabilmente per provare “l’effetto che fa”, finisce la sua corsa contro lo spartitraffico, forse la moto s’impenna e vola oltre, l’uomo sbatte sul selciato e fors’anche contro un palo dell’illuminazione che, nell’impatto, perde la copertura della lampada (nella foto), “investe” uno dei tanti alberi messi lì a dimora e ad ornamento tanto da tranciarlo di netto così come si trancia in un istante anche la sua vita che, purtroppo, scrive la parola “fine”.
E’ una domenica come tante, quella di ieri, probabilmente il Viale Scopelliti era libero dal traffico e, forse ingenuamente, il motociclista avrà pensato “cosa mai mi potrà succedere se do gas e sento il vento che mi sbatte in faccia?” Il destino, il fato, questa volta però era in agguato e non è andata affatto bene al giovane reggino che lascia, in un solo istante, per un solo attimo di spregiudicatezza pagata con la vita, una moglie ed il loro bimbo a piangerlo sul quel maledetto tratto di strada. Troppe volte i viali sono scambiati per piste dove dare libero sfogo all’ebbrezza della velocità (in moto o in auto che sia). E’ successo già sul Viale Calabria, è successo già sulle bretelle del Calopinace, è successo ovunque ci sia un po’ di spazio. Ed i “dissuasori di velocità”? Ed i “dossi artificiali”? Con “il senno di poi” tutto diventa più facile si sa, ma, forse, se ci fossero stati né il motociclista in questione né chi l’ha preceduto avrebbero posto fine alla loro vita. Certo, questi sono solo dei “mezzi” per dissuadere chi ha voglia di scambiare un viale per un pista, ma, è ovvio, la responsabilità è comunque solo di chi, forse, crede per un solo attimo di essere immortale e, purtroppo, immortale non è. Abbiamo visto tanti amici, tanti conoscenti, troppi certamente, lasciarci per quel gusto di adrenalina che il correre in moto o in auto spesso dà. Ma vale la pena rischiare l’unica Vita che ci è stata messa a disposizione per qualche secondo di velocità fuori norma? Crediamo di no! Anche se, ovviamente, tutto è destino e tutto è già scritto da qualche parte e da qualcuno. Osare, in quest'occasione, certamente è costato molto a Massimo Carbone che, forse irresponsabilmente, ha corso questo rischio anziché “correrne” un altro e cioè godersi la sua famiglia e veder crescere il suo figliuolo. Ma le indagini proseguono e chissà che non sia solo "colpa" di Massimo…