(1) 36 sono le partite, di campionato, disputate nell’anno solare appena concluso per la Reggina 1914 (16 valevoli per il campionato scorso e 20 per quello in corso). Il bilancio è, sostanzialmente, in parità considerando le 12 vittorie (7+5), gli 11 pareggi (5+6) e le 13 sconfitte
(4+9). Meno della metà i punti conquistati su quelli disponibili (47/108). Non è in parità, invece, il computo tra reti fatte e subite: prevalgono le seconde 47 a 40. Leggendo i numeri, il 2017 amaranto non è affatto da buttare. Anzi. Si può migliorare, certo, ma i numeri dicono che, sul terreno di gioco, il rendimento della Reggina non è stato affatto insufficiente meritando la sufficienza piena. Perché, allora, non gode di ottimismo tra i tifosi? Eppure, innegabilmente, quando nacque la nuova Società capitanata da Praticò, si veniva da qualche annata disastrosa complice la nefasta gestione Foti negli ultimi anni della sua gestione. Forse il motivo di cotanta “antipatia”, “sospetto” e “scarsa fiducia” risiede proprio nei comportamenti e negli atteggiamenti di una Società neofita ma già, sin da subito, autoproclamatasi quale “salvatrice” ed unica custode di “amore” e “passione”. Eh già! Sin da subito dopo la sua nascita, quando ancora si chiamava ASD Reggio Calabria (poi SSD Reggio Calaria, poi ancora Urbs Sportiva Reggina 1914 ed infine Urbs Reggina 1914), attraverso i suoi più autorevoli rappresentanti, si pavoneggiava attribuendosi l’ “aver salvato il calcio a Reggio” attraverso “atti d’amore” vari. Che Praticò & Co. abbiano avuto il grande merito di accollarsi l’onere gravoso di rifondare la Reggina dopo i disastri fotiani, nessuno l’ha mai negato ed, anzi, il merito deve essergli sempre riconosciuto. Che Praticò & Co. si siano assunti anche il dispendioso onere economico per la “rifondazione” anche questo è fuori dubbio e per ciò vanno elogiati. E allora come mai faticano ad entrare nei cuori dei tifosi ma, anche, in quelli degli addetti ai lavori? E’ presto detto: si sono resi protagonisti di così tanti strafalcioni, lessicali e comunicativi, che per avere solo 30 mesi sulle spalle sembra sproporzionato il rapporto gaffes/età (e chiamarle gaffes è un eufemismo). Si va dall’attribuirsi meriti che non hanno al non riconoscimento di ciò che è stato fatto da chi li ha preceduti; passando per il pressapochismo dimostrato nella gestione della squadra a quello evidentemente deficitario circa gli assetti societari; dalla scarsa lungimiranza progettuale aziendale all’approssimazione programmatica riguardante la squadra. Buon volontà, spesso ma non sempre, a cui, però, fa eco una mediocre capacità imprenditoriale (sia dal punto di vista gestionale che comunicativo, a dire il vero in quest’ultimo aspetto il risultato è disastroso – non già per colpe ascrivibili all’Ufficio Stampa ma imputabili ad un “manico” tremolante, instabile e confusionario). Ecco perché all’entusiasmo che comunque si era ricreato in D agli esordi di questa Società, fa oggi riscontro la quasi assoluta indifferenza di una piazza un giorno esigente ma oggi assuefatta alla mediocrità imperante. Tanti i meriti, quindi, tantissimi i demeriti. Scelte cervellotiche, ai più non chiare; decisioni controproducenti, ai più scontate; una società, da qualche giorno, praticamente nella sua interezza in mano alla famiglia Praticò grazie ad una politica di disgregazione societaria piuttosto che di fiducia reciproca, collaborazione e, quindi, unità (#unitisivince solo negli slogan o, comunque, a patto che “facciamo tutto noi e voi mettete solo i soldi”). La Società è in mano loro ed hanno titolo a comportarsi come meglio credono, attorniandosi di chi preferiscono e fondando accordi e legami con chi più gli aggrada. Già da un po’, però, il jolly dell’inesperienza se lo son giocati buttandolo in una mano dall’esito negativo scontato. Il “non poteva non sapere” è ormai un’accusa arcinota e lapalissiana, l’ingenuità non gli si addice così come non più nemmeno il buonafedismo. La ricerca di responsabilità altrui, la demonizzazione dei giornalisti non allineati, la ghettizzazione di tifosi critici e non adulanti, la visione di fantasmi ovunque e sotto qualunque forma ormai fanno parte di un modus operandi stucchevole, lontano dalla realtà dei fatti e, ben più grave, da una matura presa di coscienza dei propri torti. L’autocritica non ha mai ucciso nessuno: se 1000 persone ce l’hanno con loro non può essere che 1000 persone non capiscano niente e solo loro siano i custodi del “verbo”. Se gran parte dell’ambiente gli contesta qualcosa, se lo stesso ambiente sono riuscito a coalizzarlo “contro”, allora crediamo sia proprio il caso di porsi le giuste domande e darsi le corrette risposte. Delle due l’una: o sono “fuori” una miriade di persone o, invece, “fuori” sono loro! Secondo la logica della probabilità, la verità qual è? Certo, se chiedessimo ad un pazzo chi è il pazzo tra lui e gli altri cosa pensate risponda? E se non volessimo chiedere proprio al pazzo dubitando della sua imparzialità, allora, nel caso di specie, si potrebbe chiedere anche al lusinghiero codazzo di affermati "professionisti" di cui si sono attorniati recitanti un melodico e soave “Signor sì, Signore!”. “O con me o contro di me” è il motto sulla direttrice Via Petrara-Via delle Industrie: noi né “con” né “contro” ma solo ed esclusivamente, sempre e comunque, al fianco della Reggina (senza nomi e cognomi di alcuno). Ad maiora!