Trieste: Guardia di Finanza e Carabinieri arrestano 6 persone per traffico illecito di rifiuti (video)

(229) Dalle prime ore dell’alba, Carabinieri e Guardia di Finanza stanno eseguendo, in talune località nelle provincie di Gorizia, Napoli e Belluno, sei misure di custodia cautelare personale disposte dal G.I.P. di Trieste, su richiesta dal Dott. Antonio Miggiani della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili di aver preso parte ad un’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale.

Le indagini, avviate con il sequestro di un capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte dell’Arma di Gorizia e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale del capoluogo isontino, unitamente a personale del ROS ed ai Finanzieri del GICO di Trieste e dello SCICO di Roma, consentivano di dare riscontro all’ipotesi investigativa formulata, documentando come i destinatari dei provvedimenti cautelari, nelle persone di G. D. di anni 48, P. P. di anni 39, R. D. di anni 51, A. D. di anni 44, F. C. di anni 56, C. P. di anni 56, avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da “balle reggiate”, di un metro cubo l’una, di rifiuti plastici provenienti da un impianto di recupero di una società del bellunese (BL) e da un’area dismessa ubicata in Borovnica (Slo), abbandonandoli all’interno di un capannone industriale, ubicato a Mossa (GO), di proprietà di due società con sede in Napoli e di Gorizia, adattato con un varco d’accesso laterale creato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi in piena tranquillità, al riparo da sguardi indiscreti. Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi a disposizione da alcune compiacenti aziende di trasporto slovene.

L’attività investigativa è stata condotta anche con l’ausilio di un drone, che ha consentito di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte degli indagati, per lo più nelle prime ore dell’alba e che, allo scopo di sottrarsi allo sguardo indiscreto di curiosi o ai controlli delle Forze dell’Ordine, avvenivano da un ingresso del capannone ricavato in un’area caratterizzata da folta vegetazione, dunque di difficile individuazione. Nonostante le difficoltà, l’attività di osservazione realizzata ha permesso di seguire ogni movimento degli automezzi, dal loro ingresso in Italia sino al sito di smaltimento finale dei rifiuti.

Particolare risalto assume il contestuale sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a circa un milione di euro, profitto del reato, individuato nel danno ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l’abbandono dei rifiuti.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa (GO), di siti alternativi sul territorio friulano ove continuare la lucrosa attività illecita.

Sono in corso numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania, al fine di recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l’esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dagli automezzi prima di giungere al sito di destinazione finale.

Il G.I.P., nel motivare le esigenze cautelari, ha, inoltre, ricollegato la vicenda al diffuso fenomeno delle eco-mafie, sottolineando il fumus della presenza della criminalità organizzata ed il particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell’accaduto con dinamiche criminali tipiche dell’area napoletana.

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Messina. Guardia di Finanza, operazione “Affari Sporchi”. Sgominata associazione a delinquere dedita al riciclaggio di denaro attiva tra Messina, Brolo e Palermo. Eseguite 6 misure cautelari e sequestri per 800.000€ (video)

(226) Nel corso della mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei persone, tutte residenti in Sicilia, appartenenti ad un’associazione per delinquere prioritariamente dedita al riciclaggio e all’autoriciclaggio di capitali, nonché alla truffa, all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria e creditizia, al reimpiego di proventi illeciti, sino all’intestazione fittizia di beni, attiva nelle provincie di Messina e di Palermo, capeggiata da Prospero Lombardo, di Brolo, un ex dipendente di una filiale messinese di un noto Istituto bancario, quest’ultimo da considerarsi parte lesa.

L’operazione, frutto di complesse ed articolate indagini svolte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Capo D’Orlando, coordinate dal Gruppo della Guardia di Finanza di Milazzo e dirette dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Patti Andrea Apollonio, è stata eseguita in virtù del provvedimento cautelare emesso dal G.I.P. del Tribunale di Patti, Dott. Andrea La Spada, su richiesta della Procura della Repubblica pattese, diretta dal Procuratore Capo Angelo Cavallo.

Oltre alle 6 misure cautelari personali (di cui due arresti domiciliari, due divieti di dimora nei comuni di Brolo e di Palermo e due obblighi di dimora), è stato disposto anche il sequestro preventivo di circa € 800 mila, frutto delle condotte di riciclaggio e autoriciclaggio scoperte.

Nel dettaglio, gli accertamenti eseguiti hanno consentito di smascherare una strutturata organizzazione che, attraverso un sofisticato meccanismo fraudolento, ha raccolto ingenti somme da ignari clienti, per oltre 2 milioni di euro, per poi riciclarli, sfruttando una serie di società operanti nel settore della mediazione creditizia ed altre società cd. “cartiere”, serventi solo all’emissione di false fatturazioni, necessarie per la ripulitura delle illecite provviste truffate.

Il promotore dell’associazione a delinquere, il brolese Lombardo Prospero, ha ideato ed intrapreso la propria attività criminale quando ancora lavorava come promotore finanziario presso un noto Istituto bancario messinese, ai danni di coloro che gli avevano affidato la gestione del proprio portafoglio finanziario: riusciva così a carpire la fiducia di ben 18 clienti, ponendo in essere ai loro danni molteplici truffe che gli permetteva di conseguire il capitale illecito.

Da qui l’idea di costituire una serie di società (tra cui la “Money Solutions” di Brolo e la “Trust Group” di Palermo) e di avvalersi di stretti collaboratori, ed in particolare di Provenzani Gaetano, di Milazzo, posto a capo della “Money Solutions”, per pervicacemente perseguire il proprio fine criminale, dissimulando il reimpiego delle illecite provviste, per renderne complessa la ricostruzione dell’origine.

Più in particolare, il promotore finanziario, consapevole come lo schema ideato non potesse durare nel tempo e che – prima o poi – sarebbe stato scoperto, ideava ed allestiva un complesso reticolo societario.

In tale network criminale, l’indagato riversava il denaro illecitamente raccolto dai propri clienti, per poter continuare la propria attività di investimento, mettendo a capo delle stesse gli altri componenti del sodalizio criminale, costituito da congiunti ed altri promotori finanziari, di cui, comunque, manteneva saldamente le redini, risultandone il vero dominus.

Il promotore infedele, per appropriarsi dei soldi presenti sui conti delle ignare “vittime”, ha utilizzato metodi diversi, sfruttando per i suoi illeciti fini l’incondizionata fiducia in lui riposta dai medesimi, giunti addirittura a consegnarli le credenziali d’accesso dei propri rapporti bancari.

Poco tempo dopo, tuttavia, i primi clienti si avvedevano dei notevoli ammanchi dai loro conti correnti e dell’assenza di qualsivoglia operazione d’investimento sui mercati, presentando le prime denunce.

In tale contesto, proprio le rimostranze avanzate facevano scattare un accertamento di audit interno, condotto dallo stesso Istituto bancario, che si concludeva con la confessione del medesimo promotore, reo di aver dolosamente distratto somme ingentissime, appartenenti a numerosi facoltosi clienti.

L’unica giustificazione addotta da Lombardo Prospero, nel corso delle indagini interne della Banca, era di aver sottratto fondi ai clienti per poi girarli ad altri clienti, per ripianare le loro posizioni: una illecita “catena di S. Antonio”, in un quadro in cui i clienti investitori avevano messo a sua disposizione il proprio patrimonio a fini d’investimento finanziario, investimenti effettuati solo in minima parte.

Il promotore finanziario infedele, pertanto, veniva licenziato dall’istituto di credito e, a seguito delle indagini svolte dalla CONSOB, successivamente radiato dal relativo albo di appartenenza; tale provvedimento, tuttavia, non gli impediva di proseguire negli illeciti scopi, con una determinazione degna di un elevato spessore delinquenziale che lo stesso Giudice definisce come “pervicace indole predatoria”.

L’indagato continuava, quindi, a svolgere la stessa attività illecita, provvedendo a riciclare i proventi illecitamente conseguiti, attraverso la costituzione di un sistema di ben quattro società, di cui due completamente “fantasma”, pur non figurando mai in prima persona quale rappresentante legale, ovvero quale titolare di quote delle compagini sociali.

Le Fiamme Gialle orlandine, infatti, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Patti, a valle di mirate perquisizioni e di complessi accertamenti documentali e bancari, nonché attività tipiche di polizia giudiziaria, dimostravano come una serie di partecipi dell’associazione, tra cui altri due mediatori creditizi, tra l’altro amici di lunga data, anche per dare una parvenza di legalità al sistema messo in piedi, contribuissero in maniera determinante al raggiungimento delle illecite finalità riciclatorie, acclarando come l’occulto dominus vantasse, presso i locali di ciascuna delle società coinvolte, la disponibilità di un ufficio interamente a lui riservato.

Nel medesimo ambito, venivano rinvenuti e sottoposti a sequestro computer, tablet e chiavette USB, dalla cui analisi emergevano determinanti elementi per rafforzare l’ipotesi di accusa, oggi concretizzatasi nell’emissione della eseguita ordinanza custodiale.

Ancora, prova inconfutabile dell’unico disegno criminoso risultava una chat Whatsapp, chiamata “gruppo Money”, da cui emergeva in maniera plastica il reale ruolo svolto dal principale indagato di rappresentante di fatto e direttore commerciale di tutte le società e di ogni operazione di mediazione; emblematiche determinate affermazioni: “Siamo una squadra e tutti corriamo per lo stesso obiettivo”, “Gladiatori pronti per la battaglia quotidiana e mai soli”, “Forza leoni, uniti e insieme si vince!”.

Oltre alle misure cautelari personale per tutti i 6 membri dell’associazione dedita al riciclaggio di capitali, il G.I.P. del Tribunale di Patti, Dott. Andrea La Spada, con il medesimo provvedimento, ha disposto, altresì, il sequestro preventivo per circa 800 mila euro, sia nei confronti dei patrimoni personali degli indagati, sia rispetto alle società della filiera criminale, tra cui la “Money Solutions” di Brolo e la “Trust Group” di Palermo.

L’operazione descritta testimonia l’impegno della Guardia di Finanza peloritana e dell’Autorità Giudiziaria pattese a tutela della sicurezza economico finanziaria del delicato tessuto economico della provincia di Messina, nonché a tutela dei risparmiatori da forme di esercizio abusivo e fraudolento di attività di intermediazione finanziaria e di raccolta del risparmio, soprattutto in questo periodo di forte crisi, anche e soprattutto economica, determinata dall’emergenza pandemica causata dal COVID-19.

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Palermo: Guardia di Finanza, operazione “Riposi amari”. Maltrattamenti ai danni di anziani, bancarotta, riciclaggio ed autoriciclaggio: 6 arresti e sequestro di una casa di riposo (video)

(131) I Finanzieri del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo, nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica del capoluogo, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, con la quale è stata disposta l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 soggetti, responsabili del reato di maltrattamento ai danni di anziani ospiti di una casa di riposo di Palermo.

Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo della società che gestisce l’attività assistenziale, quale profitto dei delitti di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, nonché di una carta “Reddito di cittadinanza” indebitamente ottenuta da uno degli indagati.

Al vertice del disegno criminale vi era CATALANO Maria Cristina (cl. 63), già referente delle precedenti società fallite, nonché amministratrice di fatto della compagine che gestisce attualmente la casa di riposo, coadiuvata da BRUNO Vincenza (cl. 85) e dalle altre dipendenti MONTI Anna (cl. 67), LA BARBERA Valeria (cl.92), DI LIBERTO Antonina (cl. 65) e FLORIO Rosaria (cl. 78).

La DI LIBERTO risulta inoltre inserita in un nucleo familiare percettore del reddito di cittadinanza (799 euro al mese dal maggio 2019) ottenuto però con dichiarazioni mendaci e per questo è stata denunciata anche per tale fattispecie illecita in concorso con il compagno (M.D., cl. 55), effettivo richiedente il beneficio.

Per quanto attiene ai reati fallimentari, è stata dimostrata la continuità aziendale tra tre società che ininterrottamente a partire dal 1992 hanno gestito la casa di riposo “Aurora”.

Le diverse compagini sono state asservite agli interessi criminali degli indagati facendole subentrare l’una all’altra una volta portate in stato di decozione finanziaria, accumulando complessivamente un passivo fallimentare pari a circa un milione di euro.

Per realizzare il disegno criminoso sono state perpetrate operazioni di distrazione patrimoniale, di riciclaggio e autoriciclaggio, potendo contare la CATALANO sul contributo di soggetti “teste di legno” in qualità di formali amministratori e su soggetti compiacenti, tra i quali anche un impiegato comunale, tutti indagati.

Le indagini eseguite dai finanzieri del Gruppo Tutela Mercato Capitali del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo, valorizzando anche le dichiarazioni di ex dipendenti della struttura, hanno inoltre consentito di individuare allarmanti episodi di maltrattamento, fisico e psicologico, ai danni degli anziani ospiti della casa di riposo.

Su delega della Procura della Repubblica, sono state quindi avviate specifiche attività di intercettazione, che hanno consentito fin da subito di documentare la sistematica attuazione di metodi di vessazione fisica e psicologica inflitti agli anziani costretti a vivere in uno stato di costante soggezione e paura, ingenerando uno stato di totale esasperazione fino al compimento di atti di autolesionismo.

In poco più di due mesi sono state, infatti, registrate decine e decine di condotte ignobili di maltrattamento poste in essere in danno di persone fragili e indifese.

Un vero e proprio regime di vita vessatorio, mortificante ed insostenibile, fatto di continue ingiurie e minacce (“se tu ti muovi di qua io ti rompo una gamba cosi la smetti, o zitta, muta”; “devi morire, devi buttare il veleno là”, “per quanto mi riguarda può crepare”), e violenze fisiche (spintoni, calci e schiaffi, colpi di scopa; in alcuni casi, i degenti sono stati legati alla sedia per inibire loro ogni movimento).

Emblematica della crudeltà dei comportamenti ascrivibili agli indagati, è l’affermazione registrata in occasione del soccorso inizialmente prestato ad una degente, poi purtroppo deceduta, allorquando la CATALANO affermava: “Ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava……io lo ripeto fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta.”

Lo stesso G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, nel valutare il gravissimo quadro probatorio raccolto dalle Fiamme Gialle palermitane, segnala “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano”, evidenziando come “l’indole criminale e spietata degli indagati impone l’adozione della misura della custodia cautelare in carcere, ritenuta l’unica proporzionata alla gravità ed all’immoralità della condotta e l’unica idonea a contenere la disumanità degli impulsi”.

Il G.I.P. ha disposto la nomina di un amministratore giudiziario, con esperienza specifica del settore, al fine di assicurare la prosecuzione dell’attività con personale qualificato per fornire adeguata assistenza agli ospiti della struttura.

Inoltre, di concerto con il Dipartimento di Prevenzione dell’ASP di Palermo e la Direzione della Centrale Operativa del 118, è stato predisposto un piano di accertamenti mirati alla tutela degli anziani, nel rispetto e con le cautele imposte dalle norme vigenti in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

La Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo continua ad operare quale polizia economico-finanziaria a forte vocazione sociale, assicurando – soprattutto in questo periodo di grave emergenza sanitaria con cui si sta misurando il nostro Paese – la tutela gli operatori economici, dei lavoratori onesti e rispettosi delle regole e delle fasce più deboli ed esposte a rischio della popolazione.

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