Pescara: sequestrati beni per 2 mln di euro ad imprenditore fallito (video)

(25) Nei giorni scorsi i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pescara, hanno sottoposto a sequestro le quote di una società di capitali operante nel settore immobiliare ed un’autovettura, riconducibili di fatto ad un imprenditore fallito, già destinatario di misura cautelare nello scorso mese di maggio, con l’accusa di aver condotto al fallimento due società dopo aver accumulato ingenti debiti nei confronti dell’Erario per oltre 2,5 milioni di Euro, omettendo sistematicamente il versamento delle imposte.

Il valore dei beni si aggira attorno a 2.000.000 di euro circa.

Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di L’Aquila – Sez. Specializzata Misure di Prevenzione – che ha accolto una proposta di sequestro formulata dalla Procura della Repubblica di Pescara, che aveva condiviso le ipotesi investigative delle Fiamme Gialle di Pescara circa il profilo criminale del proposto e, soprattutto, l’illecita provenienza delle sue sproporzionate disponibilità patrimoniali.

In particolare, la misura di prevenzione patrimoniale finalizzata alla confisca dei beni, ai sensi del Codice Antimafia (D. Lgs. n.159/2011) riguarda beni nella disponibilità del proposto (e dei suoi familiari), ritenuti provenienti da attività illecite, in quanto di valore fortemente sproporzionato rispetto ai modesti redditi dichiarati.

Il Tribunale Distrettuale, sulla scorta degli accertamenti economico-patrimoniali eseguiti dai Finanzieri, ha reputato non proporzionati i redditi dichiarati dal principale indagato rispetto alla disponibilità di fatto delle quote di una società di capitale, di una villa destinata ad abitazione familiare, acquistata, peraltro, attraverso la distrazione di denaro proveniente da una società fallita e di una autovettura nella disponibilità della moglie.

La partecipazione societaria sequestrata, fittiziamente intestata ad un familiare dell’indagato principale, è stata affidata in custodia ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.

La misura di prevenzione patrimoniale eseguita, a distanza di pochi mesi dal sequestro di altre quote societarie riconducibili al medesimo imprenditore fallito, si inserisce in un più ampio contesto operativo che vede il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pescara impegnato nella concreta azione di aggressione, mediante eliminazione dal circuito economico, dei patrimoni illecitamente accumulati, ed, in particolare, di quelli riconducibili ai cd. “soggetti fiscalmente pericolosi”, ovvero quei soggetti che, per condotta e tenore di vita, risultino vivere abitualmente, anche i parte, con i proventi di evasione fiscale e dei delitti connessi, anche mediante il reinvestimento delle somme illecitamente acquisite, in ossequio al principio generale secondo cui nessuno deve poter impunemente godere del frutto di una propria condotta illecita, tanto più se ripetuta e sistematica.

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Vibo Valentia: operazione “Terra Nostra”, duro colpo al patrimonio di Giovanni Mancuso (“Billy”) esponende di spicco dell’omonimo clan (video)

(24) I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Vibo Valentia, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Dott. Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, Dott. Vincenzo Capomolla e dai Sostituti Procuratori, Dott. Antonio De Bernardo e Dott. Pasquale Mandolfino, hanno eseguito, nella mattinata odierna, un provvedimento di sequestro di beni, per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catanzaro – Seconda Sezione Penale.

Il Tribunale ha accolto quasi integralmente l’articolata proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca nei confronti di Giovanni Mancuso, nato a Limbadi (VV) l’1 gennaio 1941, noto esponente di spicco dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, presentata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, al termine di complessi accertamenti patrimoniali esperiti dalla Guardia di Finanza.

Mancuso è stato ritenuto un soggetto di pericolosità sociale qualificata, avendo il Tribunale di Vibo Valentia – Sezione Misure di Prevenzione, con decreto del 18 dicembre 2014, applicato a suo carico la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni cinque.

Il percorso delinquenziale di Giovanni Mancuso, detto “Billy”, affonda le radici in un lontano passato, come emerge dalle condanne, sin dai primi anni ‘60, per reati contro il patrimonio, in materia di falso, porto abusivo di armi, pascolo abusivo, violenza per costringere altri a commettere un reato, oltraggio a pubblico ufficiale, violazioni alla normativa urbanistica ed edilizia e, soprattutto, per un fatto commesso nell’anno 1975, per sequestro di persona a scopo di estorsione; condanne che lo hanno costretto a prolungati periodi di detenzione.

La misura di prevenzione patrimoniale applicata ha preso in considerazione, sotto il profilo della pericolosità sociale, i fatti che hanno riguardato il Mancuso relativi al periodo temporale decorrente dall’anno 2004 e, in particolare, quelli che hanno formato oggetto del procedimento penale concluso, il 27 marzo 2013, con l’operazione antimafia “Black Money “, contro il clan Mancuso, coordinata dalla stessa D.D.A..

Gli accertamenti patrimoniali successivamente svolti dalla Guardia di Finanza, delegati dalla D.D.A., hanno permesso di ricostruire il vasto patrimonio posseduto da Giovanni Mancuso, individuando numerosi beni, formalmente intestati a lui, alla moglie, ai figli, ai loro congiunti e ad un soggetto estraneo alla famiglia, evidenziando una palese sproporzione, ingiustificata, tra il loro valore ed i redditi dichiarati dagli acquirenti.

Tale sproporzione è stata ritenuta espressiva dell’utilizzo di proventi illeciti derivanti dalle attività criminali perpetrate da Giovanni Mancuso.

Complessivamente, sono stati individuati e sequestrati, in vista della loro confisca, i seguenti beni:

  • ➢ 92 terreni, ubicati nei comuni di Limbadi, Nicotera, Rombiolo, Zungri, Drapia e Filandari, della provincia di Vibo Valentia;
  • ➢  16 fabbricati, di cui 2 capannoni industriali, ubicati nei comuni di Limbadi e Filandari, della provincia di Vibo Valentia e Milano (in un caso);
  • ➢  9 autoveicoli e 1 trattore agricolo;
  • ➢  2 aziende agricole, con sede in Limbadi;
  • ➢  2 ditte individuali, delle quali una esercente l’attività di stazione di servizio, con sede in Filandari.

La loro individuazione è stata possibile solo al termine di una complessa attività di analisi di informazioni reperite dalle numerose banche dati in uso alla Guardia di Finanza, messe a raffronto con le risultanze delle indagini di polizia giudiziaria condotte anche sul territorio, dimostrando la riconducibilità di essi al proposto.

L’acquisizione dei beni rinvenibili nel patrimonio sottoposto a sequestro riflette una procedura che soltanto in apparenza rispetta i canoni della legalità e trasparenza, ma che a ben vedere nasconde i meccanismi perversi del metodo mafioso, che inquina il regolare svolgimento delle attività economiche e del libero mercato ed il diritto di proprietà.

Molti di tali beni sono stati infatti acquisiti con modalità indicative tipiche dell’agire illecito del Mancuso (ovvero per usucapione o, talvolta, quale verosimile corrispettivo di attività di carattere usuraio), approfittando dello stato di bisogno dei legittimi proprietari e sfruttando la forza del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento alla famiglia Mancuso.

L’acquisto dei terreni per usucapione è un’altra modalità assai frequente in cui si manifesta il potere intimidatorio dei Mancuso, che sfruttando l’egemonia sul proprio territorio, occupano abusivamente i terreni, esercitandovi a titolo gratuito attività agricola, assicurandosi la percezione di contributi pubblici erogati dall’ARCEA ed acquistandoli successivamente con il decorso del tempo, sfruttando l’inerzia dei legittimi proprietari, che si guardano bene dall’intentare cause civilistiche, per il timore di subire minacce e ritorsioni.

L’attività investigativa ha consentito di accertare che il modus operandi della famiglia Mancuso è talmente raffinato che, per tentare di eludere le misure di carattere patrimoniale previste dalla normativa antimafia, che richiedono la sperequazione tra il patrimonio posseduto e i redditi dichiarati e le attività economiche esercitate, ricorre all’acquisizione di beni a costo zero, tale da non potere essere considerato ai fini dell’applicazione della misura, che in seguito trasferisce a soggetti appartenenti ad altri familiari, in modo da rendere più complessa e onerosa l’attività investigativa, poiché l’illecita provenienza viene edulcorata dal passare del tempo e mascherata da atti giuridici apparentemente leciti e garantiti persino da notai.

Nel corso della presente attività di indagine, i finanzieri hanno ad esempio accertato che il defunto Pasquale Molino (‘27), suocero di Silvana Mancuso, figlia di Giovanni, ha trasferito nell’anno 2014, attraverso un atto testamentario olografo, un cospicuo patrimonio immobiliare di terreni e fabbricati, siti in Limbadi e Nicotera, all’omonimo nipote, classe 1989, figlio di Silvana.

L’atto, reso pubblico da un Notaio nell’anno 2016, due anni dopo la morte del nonno paterno, legittimandone in tal modo il trasferimento della proprietà a costo zero, è risultato falso poiché scritturato sotto dettatura da una persona diversa dal defunto; infatti sono state utilizzate frasi non congruenti con il livello culturale del de cuius e ancora di più è stato documentato il trasferimento di immobili di cui il defunto non ha mai avuto il titolo di proprietà, ma che erano intestati a ignare terze persone che hanno disconosciuto l’atto giuridico.

In particolare, il nonno paterno avrebbe trasferito all’omonimo nipote una particella catastale che nel lontano 1988, con regolare rogito notarile, era stata acquistata da Silvana Mancuso, madre di Pasquale Molino, classe 89, destinatario di tutti i beni, senza che mai la donna avesse trasferito la proprietà del terreno, oggetto di donazione testamentaria, al suocero Pasquale Molino classe 1927.

Le indagini hanno consentito di accertare che Pasquale Molino, classe 1927, altro non era che un prestanome di Giovanni Mancuso, al quale negli anni 60/70 erano stati intestati terreni, che di fatto gestiva il secondo e che quindi con l’atto testamentario sarebbero ritornati nell’effettiva disponibilità e proprietà della famiglia Mancuso, nello specifico Pasquale Molino, classe 1989, che rappresenta la terza generazione della dinastia.

La denominazione attribuita all’odierna operazione sottolinea in maniera evidente l’importanza che rivestono da sempre i terreni (la loro acquisizione ed utilizzo) nelle logiche criminali della famiglia Mancuso, che costituiscono una delle forme più antiche di espressione del potere mafioso sul territorio. La D.D.A. di Catanzaro, la Guardia di Finanza e le altre Forze di Polizia attribuiscono grande importanza ed attenzione all’azione di contrasto alla criminalità organizzata operante nella provincia di Vibo Valentia, la cui massima manifestazione è storicamente espressa dalla famiglia Mancuso.

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Isernia: operazione “Galaxy”, scoperta frode transnazionale dell’Iva intracomunitaria. Evasione milionaria nel settore della commercializzazione di auto di lusso. Sgomitato gruppo criminale operante con base stabile in Italia e proiezioni internazionali (video)

(23) La Procura della Repubblica di Isernia, a seguito delle indagini coordinate dal Procuratore Carlo FUCCI, dirette dal Sostituto Procuratore dr.ssa Maria Carmela ANDRICCIOLA e condotte dal Gruppo della Guardia di Finanza di Isernia, ha richiesto ed ottenuto nr. 23 Ordinanze di Applicazione di Misure Cautelari Personali (nr. 13 arresti in carcere e nr. 10 arresti domiciliari) eseguite in data odierna dalla G. di F. In contemporanea, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo per l’importo complessivo pari ad € 7.499.220,05, per beni mobili ed immobili, somme di denaro, autoveicoli e quote societarie, nei confronti di nr 23 persone fisiche e nr. 21 compagini societarie con sede in tutt’Italia. Sono state emesse due ordinanze restrittive anche nei confronti di una cittadina tedesca e di un soggetto italiano residente nella Repubblica Ceca. Le misure sono state emesse dal GIP del Tribunale di Isernia, dr.ssa Michaela SAPIO.

La peculiare attività di indagine si è sviluppata nel particolare settore della commercializzazione di autovetture di lusso di origine comunitaria.

Le attività operative odierne, con l’impiego di oltre 200 finanzieri, sono state eseguite nelle provincie di Isernia, Frosinone, Latina, Caserta, Salerno, Milano e Macerata.

Le investigazioni condotte dalle fiamme gialle del capoluogo Pentro, caratterizzate sin dall’inizio da una stretta sinergia con l’Agenzia delle Entrate di Isernia, hanno permesso di disarticolare una “mega” frode in danno dell’Unione Europea e dell’Italia, messa in atto da un consolidato gruppo criminale che operava con base stabile in Italia e proiezioni internazionali.

La frode, in sostanza, si è fondata sull’utilizzo di sofisticate tecniche di falsificazione che sfruttavano le “falle” dei sistemi di controllo adottati dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dei Trasporti.

L’articolata attività di polizia giudiziaria, che si differenzia da altre operazioni investigative condotte sul territorio nazionale nello specifico settore per la completa ricostruzione della filiera criminale, ha permesso di tracciare l’intero percorso di frode (dalla falsificazione documentale all’evasione transnazionale dell’I.V.A. intracomunitaria non versata).

All’esito delle indagini è stato possibile disvelare un consolidato sistema criminale che ha portato all’individuazione di:

  • –  nr. 1576 autovetture di lusso, illecitamente nazionalizzati (tra cui Ferrari, Porsche, Maserati, Bentley, Jaguar, oltre ad una moltitudine di Mercedes, Audi, BMW, Land Rover);
  • –  € 7.499.220,05 di I.V.A. evasa;
  • –  € 51.572.268,86 di imponibile relativo all’emissione di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti;
  • –  nr. 167 persone fisiche coinvolte a vario titolo;
  • –  nr. 159 concessionarie auto italiane coinvolte;
  • –  nr. 9 società estere coinvolte.

Oltre ad una miriade di aziende minori di varia provenienza geografica (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise), è stata rilevata la presenza di due grossi gruppi commerciali operanti rispettivamente nel Lazio e in Campania, risultati contigui con gruppi della criminalità organizzata (esponenti del clan dei casalesi operanti nel basso Lazio e clan camorristici dell’area vesuviana e nocerino- sarnese).

In pratica, sfruttando l’indebito risparmio d’imposta costituito dall’I.V.A. non versata (aliquota del 22%), il sodalizio è risuscito ad acquisire una rilevante quota di mercato, costituendo delle vere e proprie “posizioni dominanti” nel mercato nazionale degli autoveicoli di “lusso”, con l’ovvia conseguenza della distorsione del principio di libera concorrenza.

Il meccanismo di frode riscontrato correva a doppio binario su due versanti distinti e correlati: quello “fiscale”, attraverso l’utilizzo di triangolazioni societarie; quello “tecnico”, legato alla nazionalizzazione dei veicoli mediante la predisposizione di documentazione falsa, appositamente prodotta per aggirare i sistemi di controllo incrociato dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dei Trasporti, sfruttandone le “falle” comunicative.

Il sistema di triangolazione societaria era basato su operazioni commerciali tra aziende di paesi membri dell’Unione Europea, attraverso l’utilizzo di società cartiere cd. “missing trader”, con l’interposizione di più società filtro cd. “buffer”, talvolta controllate a loro volta da società “off-shore” (operanti a Cipro e nelle isole Cayman), il tutto al fine di ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari.

Le società estere utilizzate venivano costituite ad “hoc” da soggetti italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania.

Tali società sono risultate riconducibili a soggetti italiani pluripregiudicati, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari ed interessi in società italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera “cartolare”.

L’attività di riscontro documentale è stata affiancata da capillari attività tecniche e dall’acquisizione informatica di migliaia di mail, chat, whattsApp e Messenger, canali preferenziali di comunicazione utilizzati con disinvoltura dai vari personaggi attenzionati, nella consapevolezza della non intercettabilità degli stessi.

Tale particolare circostanza ha permesso di identificare e decifrare, compiutamente, l’intero sistema illecito, tracciandone le varie fasi e mettendone in luce i veri “dominus”, ricostruendo il centro direzionale unico dell’intera filiera criminale il quale, accentrando l’emissione delle fatture di acquisto e vendita, nonché utilizzando le caselle di posta elettronica delle aziende “cartiera” e “filtro”, fungeva da nodo nevralgico del sistema illecito.

Parallelamente, è stata individuata una cellula operativa al servizio di tale organizzazione, costituita da vari soggetti, ognuno con un preciso ruolo funzionale.

Nel corso dell’attività investigativa, condotta come detto attraverso lo strumento delle indagini tecniche, rilevamenti gps e con attività d’appostamento, è stata localizzata – in un immobile rurale del basso Lazio – una vera e propria “stamperia”, dedita alla riproduzione di ogni genere di documentazione fiscale (fatture di importazione, bollette doganali ecc.) e tecnica (libretti di circolazione, certificati di conformità ecc). La conseguente perquisizione della stessa ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro nr. 51 timbri relativi a vari uffici pubblici italiani (Motorizzazioni, Comuni, Dogane, Notai ecc.) ed esteri (Motorizzazioni tedesche, austriache, spagnole, ecc.), bollini olografici delle motorizzazioni federali tedesche, nr. 6 patenti italiane in bianco, supporti cartacei di carta filigranata. Inoltre, sono stati rinvenuti i files sorgente (.psd photoshop) utilizzati per la predisposizione dei libretti di circolazione e le fatture di acquisto e vendita, oltre ad una serie di pratiche pronte per la presentazione allo “sblocco” all’Agenzia delle Entrate complete del libretto di circolazione originale e quello falsificato.

La cellula operativa, oltre alla produzione della documentazione falsa, forniva il pacchetto “chiavi in mano” della nazionalizzazione degli autoveicoli comunitari, attraverso la presentazione della documentazione presso l’Agenzia delle Entrate d’Isernia dove, in seguito al mero controllo formale della documentazione, venivano validati i telai per la successiva immatricolazione ad opera della Motorizzazione Civile.

A seconda dei casi, l’organizzazione sceglieva un particolare ufficio provinciale della Motorizzazione Civile (nella maggior parte dei casi Isernia, Palermo e Catanzaro).

L’attività investigativa svolta ha permesso di riscontrare vari meccanismi di frode, basati sulla mancanza pressoché assoluta dello scambio d’informazioni tra gli stati membri dei rispettivi sistemi informativi sugli archivi automobilistici, che non consente l’effettivo controllo sulla documentazione fiscale e tecnica presentata dai vari importatori, per ottenere la nazionalizzazione degli autoveicoli facendoli rientrare nel conveniente regime dell’IVA del Margine.

Proprio quest’ultimo aspetto ha costituito il “vulnus” sul quale l’associazione criminale ha basato i suoi sistemi di frode.

In termini pratici, l’unico dato scambiato tra l’Agenzia delle Entrate e la MCTC era il numero di telaio che veniva abbinato dalla predetta Agenzia ad un veicolo con basso valore commerciale risalente nel tempo (mediante la presentazione di libretti Austriaci o Spagnoli più facilmente riproducibili). Di contro, presso la Motorizzazione veniva presentata la documentazione originale relativa a veicoli, nella maggior parte dei casi nuovi, che però avevano già ricevuto la validazione dell’Agenzia delle Entrate. Ciò in quanto l’Agenzia delle Entrate italiana e i paritetici organismi europei non sono dotati di una banca dati “intracomunitaria” dei telai di autoveicoli prodotti, commercializzati ed intestati sul territorio comunitario, dalla quale desumere con certezza i dati tecnici del veicolo e le transazioni commerciali intervenute, accertando quindi la sussistenza dei requisiti necessari per lo “sblocco” dei veicoli con il particolare regime dell’Iva del margine.

Un particolare degno di nota: é’ stata accertata, nel corso delle indagini, la presentazione di documentazione riguardante ben 64 autovetture d’alta gamma (PORSCHE), fatte passare per FORD Galaxy, sfruttando la similitudine delle iniziali dei telai “WP0” per Porsche e “VF0” per Ford: da qui l’attività d’indagine denominata “Operazione Galaxy”.

Un altro sistema di frode si basava sulla simulazione di finte importazioni di autoveicoli nuovi, provenienti da territori dell’Unione Europea a fiscalità agevolata, come le isole Canarie, che godono da un punto di vista fiscale e doganale di un trattamento diverso rispetto alla Spagna continentale. L’acquisto di merce dalle isole Canarie, infatti, non costituisce acquisto intracomunitario, ma vera e propria importazione secondo il Codice Doganale Comunitario (Regolamento CEE 2913/92/CE). A tal scopo, venivano predisposte finte bollette doganali attestanti l’importazione dei veicoli con assolvimento

degli oneri fiscali (Tributi doganali ed IVA). La documentazione prodotta, veniva posta a corredo delle varie pratiche d’immatricolazione, ove la MCTC, non trovandosi nei canonici casi di nazionalizzazione per i quali era previsto un controllo preventivo dell’Agenzia delle Entrate (IVA al Margine e pagamento a mezzo F24), non faceva altro che avallare l’impianto documentale, procedendo alla conseguente immatricolazione.

Tra gli ignari clienti vi erano, oltre ad imprenditori, professionisti di spicco e personaggi pubblici, tra cui anche noti calciatori.

In relazione a tali tipologie di frode, con il coordinamento della Procura di Isernia è stata elaborata apposita relazione informativa per il Comando Generale del Corpo, per la successiva attività di raccordo con i Ministeri dei Trasporti, il Ministero dell’Economia e Finanze, nonché le Agenzie delle Entrate e delle Dogane, allo scopo di elaborare idonei correttivi.

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Roma: firmato il protocollo d’intesa tra la Guardia di Finanza e la CONSOB

(19) Oggi a Roma, presso la caserma “Piave”, sede del Comando Generale della Guardia di Finanza, il Presidente della CONSOB, Prof. Paolo Savona, e il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Zafarana, hanno sottoscritto un nuovo protocollo d’intesa, volto a potenziare ed estendere le modalità di cooperazione tra le due Istituzioni.

L’accordo – che aggiorna e sostituisce quello siglato nel 2013 – intende rafforzare ulteriormente i rapporti di collaborazione già in essere, con l’obiettivo di rendere più efficace l’attività di vigilanza e di accertamento, anche con riguardo agli abusi di mercato, ai fenomeni abusivi e in materia di antiriciclaggio.

Il tutto si traduce concretamente in una sempre maggiore capacità di affrontare le insidie derivanti delle minacce emergenti, in relazione alle quali potranno essere congiuntamente sviluppate strategie di contrasto e di prevenzione delle violazioni in ambito finanziario, con un’attenzione particolare all’impatto dell’innovazione tecnologica sul sistema finanziario e sulla sua digitalizzazione.

L’intesa prevede inoltre la pianificazione di iniziative didattiche periodiche a favore del personale di entrambe le Istituzioni e progetti di ricerca speciali di partnership formativa, volte allo studio dei fenomeni economico-finanziari anche con riguardo ai rischi connessi alla diffusione delle criptovalute.

Per il coordinamento di tutte queste attività sarà istituito un apposito Comitato, i cui membri saranno successivamente nominati dalla Consob e dalla Guardia di Finanza.

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Reggio di Calabria: operazione “Fiumi d’Oro”, scoperto bunker con armi, droga e soldi sporchi. Arrestato un 45enne reggino

(18) “Fiumi d’oro” in città: ancora un duro colpo alle organizzazioni criminali dedite al traffico di stupefacenti inferto dai militari del Comando Continue reading “Reggio di Calabria: operazione “Fiumi d’Oro”, scoperto bunker con armi, droga e soldi sporchi. Arrestato un 45enne reggino”

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Reggio di Calabria: fallimento Multiservizi e GST, distrazione di fondi pubblici destinati alla manutenzione dei primari servizi cittadini. La GdF sequestra disponibilità finanziarie (circa 2 milioni) a noti professionisti

(8) Militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto operativo dei colleghi di Roma e Milano, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione al “Decreto di sequestro preventivo d’urgenza” emesso dal citato Ufficio di Procura, nelle persone del Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni e del Sostituto Procuratore Dott. Andrea Sodani, che ha disposto la misura cautelare reale del sequestro finalizzato alla confisca di somme di denaro pari a circa 2 milioni di euro nei confronti di professionisti indagati – a vario titolo – in concorso tra loro, per il reato di bancarotta fraudolenta (artt. 110 c.p., 216 comma primo n. 1 e comma 3, 219 commi primo e secondo n. 1, 223 commi primo e secondo n. 2 del R.D. 16.3.1942 n. 267) in quanto – con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, distraevano e dissipavano il patrimonio della società “Gestione Servizi Territoriale S.r.l.” (G.S.T. S.r.l.) in pregiudizio dei creditori, cagionandone dolosamente il fallimento.

L’attività de qua segue la recente esecuzione:

–  della misura custodiale nei confronti di COZZUPOLI Pietro cl. ’38, MAMONE Lauro cl. ’57, RECHICHI Giuseppe Rocco Giovanni cl. ’58, RECHICHI Antonino cl. ‘85, RECHICHI Giovanni cl. ‘85, RECHICHI Rosario Giovanni cl. ’61, TIBALDI Michelangelo Maria cl. ’67, TIBALDI Michele cl. ’87;

–  del sequestro preventivo di disponibilità finanziarie – quale illecito profitto – per circa 5 milioni di euro, nei confronti delle imprese “Brick s.r.l.”, “Ingg. Demetrio, Pietro e Domenico Cozzupoli s.r.l.”, “Rec.Im. s.r.l.”, nonché degli amministratori TIBALDI Michelangelo e COZZUPOLI Pietro, scaturite dagli esiti delle investigazioni svolte nell’ambito della citata operazione “Mala Gestio” che hanno permesso di accertare come le vicende fallimentari che hanno colpito le società “Multiservizi S.p.a.” e “G.S.T. S.r.l.” – dichiarate fallite tra il 2014 e il 2015 – erano da ricondursi ad un ingegnoso meccanismo fraudolento messo a punto da coloro i quali avevano ricoperto contemporaneamente cariche sociali nelle due imprese fallite e in altre ditte a favore delle quali venivano svolte le distrazioni di risorse economiche mediante il riconoscimento di compensi ancorati agli utili anziché alle prestazioni rese.

Tale sistema fraudolento, ha reso possibile l’accaparramento di svariati milioni di euro che, liquidati dal Comune di Reggio Calabria (unico finanziatore della Multiservizi di cui deteneva la quota del 51 % del capitale sociale), prima venivano introitati nelle casse della G.S.T. s.r.l. e poi da queste, confluivano nelle tasche degli indagati, alcuni dei quali ritenuti contigui a cosche di ‘ndrangheta operanti nel centro cittadino quali “Condello”, “Libri”, “Tegano” e “De Stefano”.

In relazione alle attività di cui sopra, venivano delegate dalla citata Procura della Repubblica al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, apposite indagini anche a carattere economico/patrimoniale, all’esito delle quali sono state individuate ulteriori condotte distrattive in capo ad un’impresa di costruzioni edili (A.C. S.r.l.) – in persona dell’amministratore C.F. – ed a 6 professionisti che hanno ricevuto in maniera non dovuta e privilegiata, somme di denaro provenienti dalla fallita G.S.T. s.r.l..

Nel dettaglio, la quantificazione degli illeciti profitti conseguiti – che variano da euro 28.000 a circa 1 milione – riguardano plurime operazioni dissipative del patrimonio della G.S.T. S.r.l. – assimilabili a “…una vera e propria donazione di denaro…” – tutte concluse a condizioni svantaggiose, in quanto la fallita – nella persona di Michelangelo TIBALDI – si obbligava a corrispondere ai citati professionisti, somme predeterminate e calcolate in base ad una percentuale dei ricavi della G.S.T. s.r.l., prescindendo dal valore delle prestazioni fornite dai predetti professionisti.

Al riguardo, è stata contestata alla Annadue Costruzioni. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore CATALANO Filippo cl. ‘38, una condotta distrattiva posta in essere nel 2010 “…allorché la G.S.T. s.r.l., in persona di Michelangelo TIBALDI, stipulava un contratto preliminare di acquisto mediante il quale (la fallita) si impegnava ad acquistare, entro il 31.12.2010 dalla società A.C. s.r.l., l’immobile sito a Reggio Calabria … per un valore di 3.400.000 € (IVA esclusa). Tale preliminare di vendita non veniva mai trascritto nei registri immobiliari e l’immobile oggetto della promessa di acquisto era costituito da una palazzina di quattro piani fuori terra e di un seminterrato. All’atto del preliminare G.S.T. s.r.l. versava un acconto di € 240.000, dei quali 40.000 € a titolo di IVA, senza che poi a detto preliminare facesse seguito la conclusione del contratto definitivo e senza che gli amministratori della GST si attivassero per richiedere la restituzione dell’anticipo”.

Inoltre, nei confronti dei professionisti, vengono complessivamente contestate operazioni di natura distrattiva per circa € 1.800.000, di cui gli stessi si sono avvantaggiati in modo consapevole – a vario titolo – attraverso l’affidamento di incarichi amministrativi, giuridici, finanziari e societari, con corrispettivo mensile predeterminato a monte, quale percentuale (tra l’1 e l’8%) dei ricavi annui di G.S.T., a prescindere dal servizio effettivamente prestato.

Le investigazioni hanno permesso di appurare che “non veniva eseguita alcuna attività di controllo finalizzata alla verifica della effettività delle prestazioni rese, tanto che la GST srl effettuava il pagamento delle fatture nello stesso giorno della loro emissione e/o, addirittura, con un giorno di anticipo”.

Emblematico, al riguardo, un contratto stipulato in relazione all’“elevato profilo e alla specifica esperienza professionale” di un avvocato, che, a quella data, non era iscritto all’albo. Ed invero, come si legge negli atti d’indagine, si trattava di compensi relativi a consulenze delle quali non appare chiaro il reale oggetto, talvolta relative ad attività del tutto inutili o già svolte da personale della G.S.T. o dalla Multiservizi, per le quali non veniva esplicitato quali fossero i termini e le modalità di adempimento delle prestazioni d’opera.

In tale contesto è d’uopo evidenziare come lo stesso giorno della risoluzione della convenzione con la Multiservizi S.p.A. ed a distanza di pochi giorni dall’emissione dell’interdittiva antimafia, in un momento in cui era chiaro che la G.S.T. s.r.l. si sarebbe sciolta e non avrebbe più avuto la possibilità di riscuotere altre somme dal suo unico cliente (Multiservizi), il relativo Consiglio di Amministrazione, su proposta di TIBALDI Michelangelo, votava di provvedere al pagamento di individuate somme di denaro in favore di alcuni dei citati professionisti.

Nel dettaglio, si riportano gli ingenti compensi riconosciuti ai predetti professionisti, negli anni:

– al commercialista PENSABENE Domenico, euro 978.521;

–  all’architetto TROMBETTA Corrado, euro 475.056;

–  all’avvocati PELLEGRINO Alessandro euro 133.643;

–  all’’avvocato GIUFFRÈ Francesco euro 28.000;

–  all’’avvocato BARBARO Lidia euro 52.000;

–  al ragioniere ROGOLINO Antonio Francesco euro 104.196.

Alla luce di quanto sopra, la locale Procura della Repubblica, ha emesso nei confronti dei predetti un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza sulle disponibilità finanziarie a questi riconducibili per una somma pari a circa 2 milioni di euro.

Nell’ambito dell’operazione di servizio in rassegna, le disponibilità finanziarie sottoposte a sequestro preventivo, quali illecito profitto derivante da operazioni dissipative, raggiungono la somma complessiva di oltre 7 milioni di euro.

L’azione operativa del Corpo nel caso di specie è finalizzata a sostenere il tessuto economico legale ed a garantire ai cittadini adeguati livelli di vivibilità che sono messi a rischio da servizi pubblici di bassa qualità. Infatti, la lotta agli sprechi di denaro e la conseguente salvaguardia dei bilanci pubblici sono alla base di un efficiente gestione delle risorse, del buon andamento e dell’imparzialità della PA ma costituiscono soprattutto l’argine più forte all’interessamento della criminalità alla gestione della res pubblica.

 

 

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Como: emesse 34 misure cautelari per reati tributari e fiscali

(7) Il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Como, la Squadra Mobile di Milano, la Compagnia Guardia di Finanza di Como ed Olgiate Comasco hanno in data odierna dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Como per nei confronti di 34 indagati*, accusati

– di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” (art. 11 dlvo 74/2000) per un ammontare di oltre 3 milioni di euro, al fine di evitare il pagamento dell’imposta sui redditi, di interessi e sanzioni amministrative dovute su illeciti proventi di una frode tributaria posta in essere a partire dal 2012 sino al 2017 attraverso 20 società cooperative ed una srl (quali COMO SERVICE s.c., LAVORO PULIZIA FACCHINAGGIO s.c., CONSORZIO ASSICOP GROUP, INFINITO s.c., CONSORZIO UNIVERSO s.c., GECO s.c., CONSORZIO FI.PRA. s.c., LA LENTATESE s.c., BASSA BRIANZA s.c., SISTEMI s.c., SIRIO s.c., ARISTON s.c., LA MISINTESE s.c., PRIMULA BIANCA s.c., NUOVI ORIZZONTI s.c., ROYAL GESTIONI S.r.l., PROGEAS s.c., CONSORZIO ASSICOP s.c., CONSORZIO ASSICOOP s.c. – SIRIO soc.coop. (22.03.2017) – SISTEMI soc.coop.);

– di occultamento e distruzione di documenti contabili,

– di bancarotta per distrazione (per un totale di oltre 15 milioni di euro) e documentale con riferimento a 12 società cooperative (quali CONSORZIO ASSICOOP soc. coop. con sede legale in Capiago Intimiano; COMO SERVICE soc. coop. con sede in Gioia Tauro , via Regina Elena nr. 19 ed unità operativa in Cantù; LAVORO PULIZIA E FACCHINAGGIO soc. coop., Cantù; GECO soc. coop., con sede legale in Capiago Intimiano; CONSORZIO UNIVERSO soc. coop., con sede legale in Cantù; SISTEMI soc. coop., con sede legale in Cantù; SIRIO soc. coop. con sede Cantù; ARISTON soc. coop., con sede legale in Misinto; BASSA BRIANZA soc. coop., con sede legale in Capiago Intimiano; LA LENTATESE soc. coop., con sede legale in Capiago Intimiano; SOGES soc. coop. con sede legale in Gioia Tauro, via Ferdinando De Rosa e unità locale in Cadorago; LAVORO ED UTILITA’ soc. coop. con sede legale in Gioia Tauro e unità locale in Lomazzo e tre s.r.l. (ROYAL GESTIONI S.r.l., con sede in Lomazzo PANE E TULIPANI SRL, UNICO SRL sede legale dichiarata in Lazzate e luogo d’esercizio in Milano); dichiarate fallite a seguito di richieste formulate ai sensi dell’art. 7 rd, 267/9142 74/2000 da questo Ufficio,

– falso in bilancio, riguardante la società PANE E TULIPANI SRL;

– emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti (pari a oltre 24.500.000 euro e riguardanti le società emittenti “LA LIBELLULA soc. coop.” con sede a Lentate sul Seveso, “LA LAZZATESE soc. coop.” con sede a Lazzate; LA FARFALLA soc. coop. con sede a Lazzate; “LA NUVOLA soc. coop.” con sede a Lazzate; “FUTURA soc. coop.” con sede a Lazzate; “CONSORZIO FI.MA.” con sede legale in Lazzate; “IL FARO” con sede a Senago“4S” con sede a Lomazzo; Consorzio MAREA con sede legale in Cermenate; cooperativa “ARBO” con sede in Capiago Intimiano; società cooperativa APPIANESE con sede in Cantù; cooperativa IL SORRISO con sede in Cantù; società cooperativa FIORDALISO con sede in Cantù; società cooperativa BIANCOFIORE con sede in Cantù; Consorzio LA GINESTRA con sede in Cantù; cooperativa ACERO con sede in Capiago Intimiano; società cooperativa LION con sede in Capiago Intimiano; società cooperativa S.S.C. con sede in Capiago Intimiano);

– utilizzo (per un importo di oltre 19.000.000 euro) di fatture a fronte di operazioni inesistenti, indebiti utilizzi di carte di pagamento, con riferimento alle società “CONSORZIO FI.MA.” con sede legale in Lazzate; MULTIPAY S.r.l. con sede legale in Milano, via Vitruvio nr. 43 ed unità operativa Senago, CONSORZIO MAREA con sede legale in Cermenate; Consorzio ALVEARE con sede in Capiago Intimiano “FUTURA 2000 di CONSAGRA Carmela” con sede in Cadorago; Consorzio SABA con sede a Capiago Intimiano; The Bulldog Di Rusconi Elisabetta; Lion s.c.; SSC S.C.; Consorzio Assicoop Soc. Coop; Biancofiore Soc. Coop.; Il Sorriso soc. Cooperativa; ACERO soc. coop.);

– turbativa di due gare pubbliche indette dal Comune di Como per l’affidamento in concessione del “ristorante Spiaggia”, sito in via per Cernobbio n. 2 – Compendio di Villa Olmo e dello stabilimento balneare con annesso bar “Lido di Villa Olmo” sito in via per Cernobbio n. 2

– illecito utilizzo di carte di credito

La presente indagine costituisce lo sviluppo investigativo di quella inerente il proc. 4904/2016, riguardante reati tributari (emissione ed utilizzo di fatture a fronte di operazioni inesistenti) posti in essere nell’ambito della gestione di di società cooperative**.

Gli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza di Como ed Olgiate Comasco e dalla Squadra Mobile di Milano, coordinate dalla Procura della Repubblica di Como, hanno permesso di accertare che le illecite dinamiche in materia tributaria e fallimentare sono state ideate da due professionisti Massimiliano FICARRA (commercialista titolare dello studio MA.GI.SA del dott. FICARRA Massimiliano con sede a Gioia Tauro ) e Cesare Giovanni PRAVISANO (ex funzionario della banca Commercio ed Industria di Milano), i quali utilizzando le loro competenze nel settore bancario hanno ideato ed attuato un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale, ininterrottamente replicato dal 2010, attraverso la sostituzione di società dolosamente e preordinatamente destinate al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuovi veicoli societari costituiti con la medesima finalità.

Il sistema di frode ideato e realizzato dai due professionisti è stato ricostruito dagli accertamenti documentali e bancari effettuati dalla Guardia di Finanza e presenta le seguenti caratteristiche: venivano costituite società cooperative di lavoro, quali soggetti giuridici di comodo intestati a prestanome e di fatto gestite da consorzi, nonché utilizzate come meri contenitori di forza lavoro e soggetti fiscali su cui dirottare gli oneri tributari e previdenziali, mai assolti nel decennio di attività; i consorzi rappresentavano il soggetto passivo d’imposta, dotato di un DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) fiscalmente in regola; presentavano le prescritte dichiarazioni fiscali e avevano alle dipendenze solo personale con funzioni amministrative regolarmente assunti; per la realizzazione del sistema fraudolento era necessario che le cooperative emettessero fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei consorzi.

Nelle fatture venivano falsamente addebitati i costi del personale.

Veniva così consentito l’abbattimento dell’ingente debito IVA scaturito dalla fatturazione delle prestazioni al consorzio, nonché un risparmio dei contributi previdenziali e assistenziali che il consorzio avrebbe dovuto sostenere nel caso avesse assunto i dipendenti delle varie cooperative.

Ed infatti, qualora le prestazioni fossero state rese direttamente dai consorzi, con propria forza lavoro, questi avrebbero annoverato tra le componenti negative di reddito unicamente quelle afferenti al costo del personale dipendente assunto che, notoriamente, non genera un’IVA a credito.

In tal modo le consistenti somme di denaro trasferite dai consorzi alle cooperative, a pagamento delle false fatture, venivano successivamente prelevate dagli organizzatori della frode mediante prelievi per contanti, assegni o con bonifici bancari a loro stessi a pagamento di propri compensi.

Da qui era nata la necessità, per gli ideatori del sistema di frode, Massimiliano FICARRA e Cesare Giovanni PRAVISANO, di creare delle società cooperative, a cui formalmente attribuire l’assunzione del personale dipendente, creando così il presupposto per una ipotetica parvenza di operatività e poter quindi emettere fatture per la fornitura di manodopera nei confronti del consorzio (anche se le fatture emesse dalle cooperative indicavano genericamente come oggetto della prestazione la dicitura “prestazione di servizi”).

In tal modo i due professionisti hanno abusato dello schema societario cooperativo non perseguendo alcuna finalità mutualistica ma sfruttando la normativa di favore prevista per le cooperative soggetti al fine di effettuare operazioni commerciali con evidente scopo di lucro, a proprio vantaggio e non dei soci delle cooperative, relegati a sostanziali ruoli di meri lavoratori dipendenti.

Le indagini hanno permesso di accertare che le cooperative oggetto di indagine erano tali solo sulla carta, ma di fatto erano vere e proprie società operanti prevalentemente nel settore delle pulizie e facchinaggio, ufficialmente intestate a cittadini italiani risultati essere dei meri prestanome, ma in realtà tutte riferibili ai due professionisti.

Le pseudo-cooperative, che lavoravano in subappalto per conto dei consorzi, riferibili agli stessi PRAVISANO e FICARRA, rimanevano in attività per circa due anni generando volumi d’affari piuttosto consistenti, mediamente oltre 1 milione di euro, che però venivano completamente nascosti al Fisco in quanto le cooperative non presentavano alcuna dichiarazione fiscale.

Trascorso il periodo di operatività, le cooperative venivano lasciate inattive e ne venivamo costituite di nuove che operavano nel medesimo modo, con gli stessi clienti e nelle quali venivano trasferiti i soci/dipendenti i quali, nella gran parte dei casi, non erano neanche a conoscenza di essere inquadrati come tali.

Questa apparente regolarità formale ha consentito agli indagati di far acquisire ai consorzi, di volta in volta costituiti, numerose commesse da parte di enti privati e pubblici aventi ad oggetto prestazioni di servizi quali facchinaggio e pulizia.

Tanto è stato raggiunto anche grazie ai contatti di Cesare PRAVISANO con l’indagato Marino CARUGATI (ex sindaco di Lomazzo) e suo socio d’affari, a sua volta indagato di reati di bancarotta per distrazione ed emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti.

Quanto alla gestione delle cooperative, sistematico è stato il ricorso a “prestanomi” sui quali far ricadere le responsabilità penali e tributarie. Altrettanto sistematiche sono state la distruzione delle scritture contabili delle società utilizzate, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per abbattere le imposte dovute, al fine di consentire ai due professionisti di occultare le loro responsabilità per i reiterati e gravi reati di bancarotta fraudolenta, frode fiscale, sottrazione fraudolenta.

Gli ulteriori approfondimenti investigativi eseguiti dalla Squadra Mobile di Milano e dalla G. di F. di Como e Olgiate Comasco hanno permesso di accertare

– la commissione dei reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte commessi da Massimiliano FICARRA e PRAVISANO dopo l’effettuazione delle perquisizioni effettuate in data 10 aprile 2017

nell’ambito del citato procedimento 4904/2016 R.G.N.R., tese a neutralizzare le verifiche fiscali aperte ed un provvedimento di sequestro;

–  lo stato di insolvenza delle società già oggetto di indagine del p. p. 4904/16 R.G.N.R. di cui è stato dichiarato il fallimento su istanza della Procura della Repubblica di Como con conseguente accertamento di plurimi reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale;

–  la reiterazione del sistema di frode fiscale per mezzo di nuove cooperative e consorzi attuato da Massimiliano FICARRA e Cesare PRAVISANO, coadiuvati da collaboratori di fiducia e/o familiari;

–  il sistematico utilizzo indebito di carte di pagamento ricaricabili intestate a terzi attraverso le quali sono stati prelevati gli illeciti profitti ottenuti dalla frode fiscale, nonchè svuotate le società cooperative dichiarate fallite.

Nel corso delle indagini è altresì emersa la figura del rag. Bruno DE BENEDETTO (nuovo professionista di fiducia di Massimiliano FICARRA) il quale, oltre ad attivarsi per la costituzione dei nuovi veicoli societari, nel 2019 si è reso autore di condotte di bancarotta documentale e patrimoniale, esercizio arbitrario delle proprie ragioni, minaccia, consumati nell’ambito del fallimento di PANE E TULIPANI S.r.l. (dichiarata fallita dal Tribunale di Como in data 18.10.2018) e della collegata cessione del ramo d’azienda della fallita in favore della società GALA S.r.l..

Ancora, è stata acquisita è prova documentale che il sistema illecito costruito ha garantito in via diretta o indiretta a soggetti indicati come appartenenti alla criminalità organizzata la percezione di cospicue somme di denaro.

Gli elementi di prova raccolti sono costituiti principalmente:

  1. a)  dagli interrogatori resi da Cesare PRAVISANO;
  2. b)  dalle relazioni dei curatori delle società fallite;
  3. c)  da una sistematica attività d’intercettazione telefonica ed ambientale e sui relativi servizi di osservazione epedinamento;
  4. d)  dalla documentazione bancaria e societaria delle società oggetto di indagine;
  5. e)  dalle perquisizioni e sequestri effettuate presso gli indagati e sedi di società;

Dall’attività di intercettazione sono emersi elementi di prova (corroborati dalle acquisizioni documentali effettuate presso il Comune di Como) relativi a due episodi di turbativa di gare pubbliche indette dal Comune di Como per l’affidamento in concessione

–  del “ristorante Spiaggia”, sito in via per Cernobbio n. 2 – Compendio di Villa Olmo e

–  dello stabilimento balneare con annesso bar “Lido di Villa Olmo” sito in via per Cernobbio n. 2.

In particolare le turbative sono state perpetrate attraverso la partecipazione di plurime società riconducibili al rag. DE BENEDETTO (CAFÈ FLEURS S.r.l, PASTONCHI Immobiliare S.r.l, MADISON Build Srl, ditta individuale BERTUZZI Elena; HOUDINI s.r.l. quanto alla gara relativa all’affidamento in concessione dell’immobile comunale “ristorante Spiaggia”, nonchè delle società CAFE’ FLEURS Srl, LIDO COMO Srl e FACTORY BEACH Srl in occasione della gara per l’affidamento della gestione dello stabilimento balneare con annesso bar “Lido di Villa Olmo”), facendo dirottare la scelta quanto alla prima gara sulla Houdini srl – priva di mezzi e personale (di fatto gestita dal rag. DE BENEDETTO ma intestata a prestanomi – per conto della quale depositava una domanda di partecipazione alla gara ed offerta economica, recanti la firma falsa del legale rappresentante FACCIOLLA Marina). La gestione dello stabilimento veniva invece aggiudicata a VILLA OLMO LIDO S.n.c., estranea alle attività di turbativa poste in essere dal De Benedetto.

La polizia giudiziaria sta altresì dando esecuzione a che a provvedimenti di sequestro dei proventi dei reati tributari ascritti agli indagati. E’ altresì in corso una articolata attività di perquisizione in varie località, tra la Lombardia e la Calabria.

* 22 destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere, 12 destinatari di ordinanza applicativa di arresti domiciliari

** COMO SERVICE s.c. con sede legale in Gioia Tauro via Regina Elena nr. 19 e con sede operativa in Cantù via Milano nr. 131,
LAVORO PULIZIA FACCHINAGGIO s.c. con sede legale in Cantù via Milano nr.131,

INFINITO S.C. SOCIALE ONLUS con sede legale in Capiago Intimiano e sede operativa in Lomazzo via Milano n.22,
CONSORZIO UNIVERSO s.c. con sede legale e amministrativa sita in Villa Guardia e sede operativa in Lomazzo, via Milano n. 13,

GECO S.C. a.r.l. con sede legale in Capiago Intimiano Piazza IV Novembre nr.1 e con sede operativa in Lomazzo , via Milano nr. 13,
BASSA BRIANZA s.c. con sede legale e amministrativa in Capiago Intimiano Piazza IV Novembre nr.1 e unità locale in Lentate sul Seveso, via Lazio n.14,

SISTEMI s.c. con sede in Duno, via Della Stretta Snc (dal 02/01/2016), già con sede legale in Cantù via Roma nr. 2 e sede operativa in Lomazzo via Milano n.13,
ARISTON s.c. con sede legale in Misinto via Dei Guasti n.12,
LA MISINTESE s.c. con sede legale in Misinto via Dei Guasti n.12 ,

PRIMULA BIANCA s.c. con sede in Milano, Corso Buenos Aires n. 10 e luogo di esercizio in Lomazzo , via Milano n.13,
OFFICINA DEL LAVORO s.c. con sede in Merate, via Madonna del Bosco n. 15 e luogo di esercizio in Lomazzo, via Milano n.13,

NUOVI ORIZZONTI s.c. con sede in Cantù , via Roma n.2,
SIRIO s.c. con sede in Duno, via Della Stretta Snc (dal 02/01/2016), già con sede legale in Cantù
sede operativa in Lomazzo , via Milano n.13,
ROYAL GESTIONI S.r.l. con sede in Lomazzo , via Ceresio n.47/49,
PROGEAS s.c. con sede in Capiago Intimiano , piazza IV Novembre n. 1,
LA LENTATESE s.c. con sede legale e amministrativa in Capiago Intimiano piazza IV Novembre nr.1 e unità locale in Lentate sul Seveso via Lazio n.14,
CONSORZIO ASSICOOP s.c. con sede legale e luogo d’esercizio in Capiago Intimiano, piazza IV Novembre n. 1, CONSORZIO ASSICOP GROUP s.c. con sede legale in Lentate sul Seveso via Lazio nr. 12,
CONSORZIO FI.PRA. s.c. con sede legale in Capiago Intimiano piazza IV Novembre nr.1 e con sede operativa in Lentate sul Seveso via Lazio nr. 14.

 

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Melito di Porto Salvo (RC): violenze su alunni, applicata misura cautelare (sospensione dall’esercizio del pubblico servizio) nei confronti di una maestra della scuola primaria di Palizzi (RC)

(6) Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare di sospensione dall’esercizio del pubblico servizio, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Locri su proposta della Procura della Repubblica nei confronti di un’insegnante della scuola primaria di Palizzi Marina (RC).

La misura cautelare personale eseguita, che impedirà alla maestra l’esercizio del proprio ruolo di educatrice per un periodo di 12 mesi, rappresenta l’epilogo di articolate investigazioni, anche di natura tecnica, coordinate dal Sostituto Procuratore di Locri e condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Melito Porto Salvo, attraverso le quali è stato possibile appurare, in molteplici occasioni, il perpetuarsi di maltrattamenti, percosse e minacce ingiustificate compiute dalla maestra nei confronti di alcuni alunni della scuola elementare.

La gravità della situazione è stata immediatamente colta e percepita, anche attraverso i racconti dei fatti esposti e denunciati dai genitori di alcuni bambini. Gli alunni, tornati a casa da scuola, spesso raccontavano ai propri familiari di schiaffi, calci e spinte, ricevuti ingiustificatamente dalla maestra durante le sue ore di lezione. Alcuni dei bambini, evidentemente spaventati e umiliati dalla deplorevole situazione, erano arrivati a fingere stati di malessere ovvero di chiedere espressamente ai genitori di non andare a scuola proprio nei giorni in cui l’insegnante faceva lezione.

La scioccante conferma dei fatti riportati dai minori è pervenuta attraverso la visione di alcuni filmati captati all’interno delle classi e registrati con telecamere appositamente ivi installate all’insaputa di alunni e personale.

Le immagini, infatti, hanno da subito mostrato plurimi episodi di violenza fisica, percosse e strattonamenti, nonché violenza psicologica e verbale poste in essere dall’insegnante che, sovente, utilizzava un linguaggio subdolo e scurrile, appellando i propri alunni “stupidi e maiali”, e talvolta minaccioso. In ogni caso, non consono all’educazione di bambini di tenera età.

Successivamente, i militari hanno ritenuto opportuno approfondire la situazione e con l’A.G. inquirente sono stati ascoltati i racconti dei bambini con l’ausilio di una psicologa. Durante tali colloqui, i bambini si sono aperti, facendo più volte riferimento a comportamenti offensivi, talora anche violenti, posti in essere dall’insegnante, così confermando gli elementi appresi poco prima. Gli alunni raccontavano di “una maestra cattiva”, del tutto indifferente alle sofferenze apportate al bambino fisicamente o verbalmente maltrattato. “Eravamo tutti scioccati, c’erano due bambini a terra e la maestra che gli aveva fatto male rispose che non le importava” raccontava uno di loro, mentre un altro rammentava di aver ricevuto intenzionalmente uno “schiaffo dove avevo la cicatrice di un’operazione chirurgica”.

Analizzato l’intero scenario delineatosi nel corso dell’attività investigativa, ricorrendo esigenze cautelari nei confronti dei giovanissimi studenti dell’istituto primario, specie alla luce dell’imminente avvio del nuovo anno scolastico, la Procura di Locri ha chiesto al G.I.P. l’applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’insegnamento, la quale è stata prontamente emessa dal Giudice competente per la durata di 12 mesi.

Elevatissima verrà mantenuta l’attenzione dei finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, affinché incresciosi episodi della specie siano evitati o prontamente repressi. La salvaguardia del diritto ad una idonea e corretta istruzione, del benessere fisico e psicologico degli studenti, è obiettivo primario oltre che investimento sul futuro del paese.

 

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Trieste: il Comandante Generale della Guardia di Finanza esprime cordoglio per l’assassinio dei due poliziotti

(5) Il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Gen. C.A. Giuseppe Zafarana, ha formulato al Capo della Polizia e Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Franco Gabrielli, il suo personale profondo cordoglio e quello di tutti i Finanzieri per il barbaro assassinio dei due poliziotti in servizio alla Questura di Trieste.

 

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Napoli: arrestati 7 evasori fiscali, sequestrati beni per oltre 1,5 milioni di euro

Nella mattinata odierna, al termine di una complessa indagine coordinata dalla

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – 3^ Sezione Criminalità Economica, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, su disposizione del competente Tribunale, hanno dato esecuzione a 7 misure cautelari personali degli arresti domiciliari nei confronti di 7 soggetti, nonché al sequestro preventivo per equivalente nei confronti di 20 persone fisiche e 17 persone giuridiche, di disponibilità bancarie, beni mobili ed immobili, per la somma complessiva di euro 1.527.308, pari al profitto dei reati commessi. Gli arrestati si sono resi responsabili di numerosi reati fiscali, quali dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, l’operazione odierna, è stata portata a termine dai militari del I Gruppo Napoli, impegnati nell’esecuzione delle misure cautelari personali nei confronti di 6 uomini e 1 donna ed in 24 perquisizioni nelle province di Napoli, Caserta, Salerno, Torino e Sassari. L’operazione delle Fiamme Gialle è il frutto di complesse investigazioni iniziate nel 2016, che hanno svelato il modus operandi di una consorteria criminale, con base nella provincia di Napoli.

L’architettura fraudolenta ideata dai principali indagati è nota come “frode carosello” e prevedeva la produzione di un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti, per un corrispettivo complessivo accertato pari ad oltre 5.000.000 di euro, tramite il coinvolgimento di società “cartiere” operanti nei più diversi settori merceologici,

legalmente amministrate da soggetti “prestanome”.

Oggetto della “frode carosello” era la compravendita di batterie per veicoli; in particolare, dall’analisi delle movimentazioni bancarie, i finanzieri hanno accertato che una società con sede in Napoli acquistava i beni da un operatore commerciale di Barcellona (Spagna), interponendo nella compravendita un soggetto giuridico “fantasma” con sede in Volla (NA), su cui sarebbe gravato l’onere del versamento dell’IVA, che mai veniva pertanto assolta. Tale meccanismo illecito ha permesso la commercializzazione nel territorio nazionale di merci (ricambi per auto) a prezzi concorrenziali.

Uno dei titolari della società, che svolgeva la funzione di missing trader, a seguito di ulteriori approfondimenti investigativi, è risultato altresì rappresentante legale di ulteriori 13 società “cartiere”, acquisite nel tempo quando oramai avevano accumulato debiti e prossime a procedure concorsuali.

Si trattava di società operanti in diversi settori commerciali (trasporti merci su strada, commercio di legnami, metalli ferrosi e non, società di costruzioni edili, commercio di molluschi), che, a richiesta, hanno emesso, per gli anni di imposta dal 2012 al 2016, fatture false nei confronti di 24 persone fisiche e/o giuridiche. Questo sistema fraudolento ha permesso la formazione di cospicui, non veritieri crediti I.V.A. e il contestuale abbattimento della imposizione fiscale realmente dovuta.

A fronte dei rilevanti importi fraudolentemente evasi, la misura patrimoniale del

sequestro per equivalente, applicata in data odierna, ha consentito di porre un vincolo reale a disponibilità finanziare esistenti su conti correnti, immobili, autovetture e quote societarie, consentendo il recupero di somme indebitamente sottratte al fisco, da parte degli indagati.

L’operazione sviluppata dalla Guardia di Finanza di Napoli si inquadra nelle linee strategiche dell’azione del Corpo, volte a rafforzare l’azione di contrasto ai fenomeni illeciti più gravi e insidiosi, nonché ad incrementare ulteriormente la qualità degli interventi ispettivi, integrando le funzioni di polizia economico- finanziaria con le indagini di polizia giudiziaria e garantendo il perseguimento degli obiettivi di aggressione dei patrimoni dei soggetti dediti ad attività criminose, al fine di assicurare l’effettivo recupero di evasione fiscale.

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Campobasso: operazione “Rain Awards”, condanne per danni erariali segnalati alla Corte dei Conti

(3) A conclusione del processo contabile avviato a seguito di accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza di Campobasso, la Sezione Giurisdizionale per la Regione Molise della Corte dei Conti ha condannato quattro dirigenti della locale Azienda Sanitaria Regionale per danni erariali quantificati in circa trecentomila euro.

La vicenda si riferisce alla elargizione a pioggia di retribuzioni accessorie a favore del personale dirigente contestata dalla Procura Regionale della Corte dei Conti di Campobasso che delegava nel 2014 accertamenti al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza.

Le Fiamme Gialle così, nell’ambito della operazione rain awards, hanno spulciato la documentazione amministrativa della A.S.R.E.M. constatando che quattro posizioni apicali della Dirigenza avevano elargito le cd. indennità di risultato a partire dall’anno 2009 indistintamente a tutto il personale dirigente, senza alcun collegamento con la valutazione di rendimento dei singoli ovvero del raggiungimento degli obiettivi di periodo.

Le attività istruttorie, che interessavano l’arco temporale dal 2009 al 2011, condotte in stretta sinergia con il Procuratore Regionale Dr. Stefano Grossi ed il Sostituto Procuratore Generale Dr. Roberto D’Alessandro, portavano così i finanzieri molisani a segnalare un possibile danno erariale quantificato in complessivi dieci milioni di euro e, relativamente al solo 2009, di circa 1.800.000.

A conclusione dell’istruttoria condotta dalla Procura Regionale a seguito dei conseguenti “inviti a dedurre”, veniva disposta la citazione in giudizio dei dirigenti.

Su quei fatti, si esprimeva la Sezione Giurisdizionale con il collegio presieduto dal Dr. Tommaso Viciglione, che, con la sentenza n. 22/2019 accogliendo sostanzialmente le tesi della Procura Regionale, condannava i quattro dirigenti al risarcimento del danno erariale.

È importante rimarcare come l’attività della Procura Regionale della Corte dei Conti, oltre ad accertare il danno erariale, abbia prodotto il cosiddetto “effetto conformativo” ovvero l’attitudine dell’azione repressiva a provocare l’interruzione di comportamenti dannosi e l’adozione di condotte conformi ai canoni di economicità, trasparenza, efficacia ed efficienza della Pubblica Amministrazione.

Obiettivi realizzabili attraverso il rafforzamento dell’attività di contrasto agli abusi e agli sprechi nel settore della spesa pubblica – con particolare riferimento al comparto della sanità – che, inevitabilmente, incidono fortemente sui bilanci degli Enti pubblici locali, per i quali la Guardia di Finanza rappresenta il principale referente operativo della magistratura contabile proprio in quei procedimenti tesi al risarcimento dei danni cagionati alla Pubblica Amministrazione.

Nel solo anno 2018, le Fiamme Gialle molisane hanno segnalato n. 49 soggetti accertando danni erariali per oltre 16 milioni di euro.

 

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Reggio di Calabria: bancarotta Multiservizi SpA, fondi pubblici destinati alla manutenzione dei primari servizi cittadini distratti e lucrati dalle cosche, grazie agli accordi con politici e imprenditori collusi. La GdF esegue 8 arresti e sequestri per oltre 5 milioni di euro

(1) La manutenzione della rete stradale cittadina, della rete idrica, dell’illuminazione, delle scuole e dei parchi dovevano essere assicurati dai milionari stanziamenti di fondi pubblici confluiti nella Multiservizi spa. Continue reading “Reggio di Calabria: bancarotta Multiservizi SpA, fondi pubblici destinati alla manutenzione dei primari servizi cittadini distratti e lucrati dalle cosche, grazie agli accordi con politici e imprenditori collusi. La GdF esegue 8 arresti e sequestri per oltre 5 milioni di euro”

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Oristano: operazione “Ippocrate”, 4 arresti per reati contro la P.A.

(2) I militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Oristano, al termine di una complessa indagine avviata nel mese di gennaio 2017 sotto l’egida della Procura della Repubblica di Oristano, hanno scardinato una organizzazione formata da personaggi politici di livello regionale, dirigenti e funzionari pubblici, capace di turbare il regolare procedimento nei concorsi pubblici per l’assunzione di varie figure lavorative presso l’Azienda Sanitaria Locale n. 5 di Oristano (ora ATS Sardegna – ASSL Oristano) nonché di veicolare illecitamente le assunzioni di personale mediante manipolazione del regolare iter procedurale di scelta dei lavoratori da parte di società di lavoro interinale (appaltatrici di servizi per la fornitura di personale ospedaliero e amministrativo).

Il sodalizio, capace di programmare e interferire illecitamente anche nelle nomine dei più alti dirigenti dell’Ente, ha pilotato numerosissimi incarichi e assunzioni pubbliche (in particolare, funzionari, coordinatori, infermieri, ostetriche, operatori socio-sanitari, lavoratori interinali) al fine di ottenere il controllo della suddetta azienda sanitaria sia ai livelli apicali, sia con ramificazioni piramidali fino alla base della forza lavoro, generando così consenso politico da riscuotere in occasione delle tornate elettorali, in virtù del posto di lavoro assicurato al favorito di turno.

In data odierna, le fiamme gialle del Comando Provinciale di Oristano hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari di custodia e interdittiva emessa nei confronti di n. 7 indagati in tutto, provvedimento finalizzato a interrompere l’attività criminosa e a inibire i contatti tra gli stessi indagati e la rete di complicità e di influenze generata nell’ambiente politico e lavorativo in cui è maturata.

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