Ridotta la pena ad uxoricida

Salvatore Condemi nel giugno del 2007 uccise l'ex moglie Paola Gangeri al culmine di una cruenta lite facendolo, perdipiù, sotto gli occhi atterriti della loro figlioletta. Nei giorni scorsi la Corte d'assise d'appello, presieduta da Pasquale Ippolito, accogliendo parzialmente le richieste dell'avvocato difensore Lorenzo Gatto, ha inflitto al Condemi la condanna a 12 anni riducendo così la precedente di 15 anni comminata in primo grado dal GUP Santo Melidona.

Il noto penalista, nelle motivazioni prodotte in appello, aveva chiesto il riconoscimento al proprio assistito dell'incapacità d'intendere e di volere al momento dell'efferato delitto ed, in subordine, che gli fossero riconosciute le attenuanti generiche. L'avvocato Gatto sosteneva infatti, che il Condemi era sotto l'effetto di quello che la psichiatria definisce con il termine "acting out" che scientificamente spiega l'incapacità del soggetto affetto di controllare le proprie azioni a seguito di un "buio cognitivo" che, in fase acuta di una particolare sofferenza, ha il sopravvento sullo stesso. Nel corso della prima udienza la Corte d'assise d'appello accoglieva le richieste difensive, nonostante il parere negativo del P.G. Di Landro e dell'avvocato di parte civile Polimeni, e nominva un collegio peritale per accertare se il Condemi fosse o meno in grado di intendere e di volere allorquando uccise l'ex moglie. Per i periti l'imputato, al momento del fatto, capace di intendere e di volere non lo era. La Corte, quindi, accogliendo la richiesta in subordine dell'avvocato Gatto, ha riconosciuto al Condemi le attenuanti generiche riducendo così la pena.

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Si costituisce Michele Labate

Presentandosi nella giornata di ieri presso il carcere romano di Rebibbia, è finita la biennale latitanza di Michele Labate (nella foto) elemento di peso dell'omonimo clan soprannominato dei "ti mangiu".

Sfuggito nel luglio del 2007 all'operazione "Gebbione" (dal nome del popoloso quartiere nella zona sud della città), anche per via di una presunta fuga di notizie sulle quali è stata poi aperta un'inchiesta, il fratello del ritenuto capo clan Pietro è considerato tra i più attivi della "famiglia" che controlla tutte le attività illecite nella popolosa zona cittadina a ridosso del centro storico. Secondo gli inquirenti la famiglia Labate è leader incontrastata nel "settore" delle estorsioni in un quartiere popoloso e ricco di qualunque genere di attività commerciali tra cui le O.Me.Ca. (Officine Meccaniche Calabresi) facenti capo alla Breda costruzioni ferroviarie sulle quali, inoltre, esercitava pressioni per condizionare le assunzioni del personale. Michele Labate era tra i 30 latitanti più pericolosi d'Italia.

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Reggio Calabria: anziano muore carbonizzato all’interno della sua auto

    Atroce fine di un uomo di 75 anni, Antonino Modafferi, ieri sera intorno alle 20 nella centralissima via Flippini. L'uomo, secondo le prime testimonianze, dopo aver riposto sul sedile passeggero delle buste e dell'acqua appena acquistate, si è portato sul lato guida della sua Opel.

E' qui che, secondo la ricostruzione dei fatti, ha perso i sensi in seguito ad un malre. Seppur cardiopatico, l'uomo non aveva mai smesso di fumare ed è stato proprio il suo vizio a rivelarsi fatale. Pare, infatti, che l'uomo stesse fumando mentre cercava di entrare in auto per poi ripartire. Cadendo privo di sensi, la sigaretta potrebbe aver dato fuoco alle buste di platica e, da lì, all'incendio che lo ha stretto in una morsa mortale carbonizzandolo. Difficile stabilire se l'uomo sia morto sul colpo, forse a causa di un infarto, o se fosse solo privo di sensi nel momento in cui è divampato l'incendio. Di certo le fiamme hanno fatto il resto non consentendo il benchè minimo tentativo di soccorso nonostante sul posto fossero giunti Carabinieri e Vigili del Fuoco.

   

 

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