Modena: Guardia di Finanza, operazione “Castelli di sabbia”. 5 arresti per reati fiscali, decreto preventivo per la confisca di 7 milioni (video) – IL REGGINO

(197) Nella mattinata odierna, su delega di questa Procura della Repubblica, la Guardia di Finanza di Modena, con il supporto di quella delle province di Bergamo, Brescia e Verona, ha dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare personale, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Modena su richiesta del Pubblico Ministero, nei confronti di 5 persone (tre in carcere e due agli arresti domiciliari), quattro uomini ed una donna, tutti italiani, tra cui un professionista, residenti in provincia di Bergamo, indagate, unitamente ad altre 5, a vario titolo, per le ipotesi di reato di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, infedele dichiarazione, indebita compensazione di imposte ed autoriciclaggio.

Contestualmente sono state eseguite diverse perquisizioni ed è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, fino alla concorrenza dell’imposta evasa accertata, pari a circa 7 milioni di euro.
I provvedimenti cautelari sono stati emessi all’esito di un’articolata attività d’indagine, coordinata questa A.G. e condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Modena che ha consentito di svelare il disegno criminoso perpetrato dagli indagati attraverso tre società, due con sede nella provincia di Modena ed una nella provincia di Brescia – tutte formalmente operanti nel settore edile – create con l’unico scopo di assumere solo sulla carta del personale ed utilizzate come centri di imputazione di tasse, oneri fiscali, contributivi, previdenziali ed assistenziali. Obblighi questi ultimi, tutti fittiziamente ottemperati attraverso un sistematico ricorso a indebite compensazioni d’imposta poste in essere mediante l’utilizzo di crediti inesistenti creati ad hoc grazie all’utilizzo sistematico di fatture per operazioni inesistenti.

Così facendo, oltre all’indebito vantaggio fiscale, gli indagati riuscivano ad ottenere anche il regolare rilascio del D.U.R.C. e, quindi, abbattendo significativamente i costi di gestione dell’impresa, ad offrire a vari committenti manodopera a prezzi maggiormente concorrenziali rispetto agli onesti imprenditori. Solo grazie ad approfondite attività investigative, eseguite mediante indagini bancarie, pedinamenti, utilizzo di sistemi di rilevazione satellitare GPS, appostamenti ed intercettazioni è stato possibile svelare l’articolato schema evasivo e risalire al vero amministratore di fatto dei soggetti giuridici formalmente gestiti da meri prestanome.

In particolare, gli accertamenti svolti hanno consentito di ricostruire che a fronte degli accreditamenti finanziari sui conti delle “società strumento”, venivano, disposti bonifici a favore di conti correnti esteri (ungheresi, romeni e croati) intestati a soggetti economici stranieri, con causali commerciali risultate riferite a operazioni inesistenti, aventi quale unico scopo lo smobilizzo del denaro ed il rientro, in contante, nelle mani dei soggetti destinatari della misura cautelare odierna.

L’attività odierna conferma l’impegno di questa Procura della Repubblica e della Guardia di Finanza di Modena, alla quale va il mio ringraziamento, nel contrasto delle forme più pericolose di evasione fiscale, anche attraverso l’aggressione dei patrimoni illeciti, contro coloro che stravolgono le regole di mercato e della concorrenza, minando la parità di condizioni fra tutti gli operatori economici e l’equità sociale.

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Massa Carrara: Guardia di Finanza, corruzione nel rilascio delle autorizzazioni ai trasporti. 12 arresti (video) – IL REGGINO

(171) In data odierna il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Massa Carrara, su delega della Procura di Massa, ha dato esecuzione ad una ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Massa nei confronti di 12 persone per reati di corruzione, falso e truffa ai danni dello Stato. Inoltre, sono in corso di esecuzione perquisizioni personali e presso uffici finalizzate alla ricerca di eventuale ulteriore materiale probatorio riguardante l’illecita attività oggetto di investigazione.

Più precisamente, su richiesta della Procura, il G.I.P. ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di tre dipendenti della Provincia di Massa Carrara (AMBROSIO Francesco, VISCUSO Renato, MICHELONI Enrico), operanti nel settore trasporti terrestri, e la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un titolare di una ditta che si occupa di scorte (MOSTRATISI Saverio) e di 8 titolari di ditte di trasporti (FIGLIORELLI Ubaldo, FIOLETTI Mauro, BONGIORNI Alberto, NACCHINI Francesco, DE RANIERI Alessandro, ANDREI Mario, RINALDI Paride, NARDI Michele). Nei confronti di altra persona, legale rappresentante di una ditta, la misura cautelare emessa è stata immediatamente revocata su richiesta della Procura, in quanto è stato accertato in sede di perquisizione che era stato altro soggetto a interloquire con la Provincia con l’utenza emersa nel corso delle intercettazioni.

Le indagini, coordinate dalla Dott. Alessia Iacopini della Procura della Repubblica di Massa diretta dal Dott. Piero Capizzoto, sono durate oltre un anno ed hanno permesso di individuare un diffuso sistema corruttivo organizzato dai tre funzionari arrestati, i quali utilizzavano un vero e proprio tariffario per il rilascio, in spregio alle procedure previste per legge, delle autorizzazioni necessarie per i trasporti commerciali sul territorio provinciale.

Le investigazioni hanno consentito di scoprire che i pubblici ufficiali rilasciavano le autorizzazioni alle ditte di trasporti senza far loro pagare gli importi dovuti allo Stato, in cambio di sostanziose “mazzette” che però, essendo di importo pari a circa la metà degli oneri dovuti, consentivano ai privati trasportatori un evidente vantaggio economico. Ad esempio, la “tassa usura strade”, essenziale proprio per ristorare gli enti concessionari dal deterioramento provocato dal transito di questi mezzi e del loro pesantissimo carico sulle strade, oppure i versamenti dovuti in caso di rilascio o al rinnovo di licenze.

Questo sistema di pagamenti parallelo a quello previsto per legge, inoltre, consentiva alle ditte di trasporto corruttrici di avere una via preferenziale per ottenere le autorizzazioni richieste praticamente in tempo reale e senza alcun controllo, con la facoltà di organizzare secondo le proprie esigenze l’orario e la data del trasporto. La disponibilità dei funzionari era offerta tutti i giorni per le richieste delle ditte, i cui rappresentanti, con una semplice telefonata, si assicuravano immediatamente l’autorizzazione, provvedendo poi a remunerare illecitamente i funzionari con il pagamento della “pagnotta” (cosi chiamata da uno degli indagati) in contanti. Lo scambio avveniva sempre al di fuori degli uffici: gli incaricati dalle ditte, in genere autisti dei mezzi, ricevevano dai funzionari in una busta le autorizzazioni, e consegnavano loro un’altra busta contenente il denaro. In una conversazione intercettata tra dipendenti di una ditta di scorte, veniva così descritto quello che poi si è scoperto essere un passaggio di denaro: “tu chiami l’autista della******, lui ti dà una busta che te questa busta la dai ar busta, è tutto un giro di buste…”; significativamente l’appellativo dato ad uno dei funzionari corrotti della Provincia si è quindi scoperto essere “er busta”. Peraltro, uno dei funzionari coinvolti in più occasioni si è persino lamentato con il suo collega per avere ricevuto come “mazzetta” dei buoni benzina piuttosto che danaro, affermando candidamente: “Mica ci mangio con i buoni….”.

Tra gli arrestati, oltre ai pubblici ufficiali e ai rappresentanti di ditte di trasporti, come anticipato, figura anche MOSTRATISI Saverio, responsabile di una ditta di Calenzano (FI) che si occupava di fornire scorte in occasione di trasporti eccezionali e che, grazie al rapporto confidenziale e di intermediazione con i funzionari corrotti, godeva di fatto del monopolio del servizio nella Provincia di Massa Carrara.

Nella ordinanza cautelare, il G.I.P. Dott. Marta Baldasseroni ha evidenziato la tangibile spregiudicatezza e la mancanza di senso dello Stato da parte dei funzionari della Provincia indagati i quali, pur rivestendo un ruolo pubblico, hanno agito con spregiudicatezza e senza alcun riguardo per i cittadini e le Istituzioni.

I funzionari arrestati avevano anche previsto di rilasciare alle ditte qualche autorizzazione in maniera regolare, per non insospettire i propri diretti superiori. Anche tale manovra veniva concordata di volta in volta con i titolari delle ditte di autotrasporto, ai quali i pubblici ufficiali proponevano, ad esempio, di rilasciare 20 autorizzazioni di cui solo 5 in maniera regolare a fronte, sempre, del pagamento di “mazzette”.

E’ stata, altresì, accertata attività dei pubblici ufficiali della Provincia coinvolti finalizzata a garantire copertura agli autotrasportatori in caso di controlli su strada da parte delle forze di Polizia, cui venivano in seguito fornite false indicazioni circa la regolarità delle pratiche autorizzatorie.

Le misure cautelari sono state emesse dal G.I.P. per il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione dei reati. Le indagini proseguono al fine di completare gli accertamenti su basi documentali.

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Roma: il Ministro Giorgetti in visita al Comando Generale della Guardia di Finanza – IL REGGINO

(170) Il Ministro dello Sviluppo Economico, On. Giancarlo Giorgetti, ha fatto visita questa mattina al Comando Generale della Guardia di Finanza. Ad accoglierlo, il Comandante Generale, Gen. C.A. Giuseppe Zafarana, il Comandante in Seconda, Gen. C.A. Giuseppe Vicanolo, il Capo di Stato Maggiore, Gen. C.A. Umberto Sirico e il Sottocapo di Stato Maggiore, Gen. D. Francesco Greco.

Dopo aver reso omaggio alla Bandiera di Guerra del Corpo alla presenza del Comandante Generale, il Ministro – intervenuto unitamente al Capo di Gabinetto, al Consigliere Diplomatico, al Portavoce ed all’Ufficiale Generale di collegamento della Guardia di Finanza presso il Dicastero dello Sviluppo Economico – ha incontrato, presso il Salone d’Onore della Caserma “Piave” di viale XXI Aprile, una rappresentanza di Ufficiali del Comando Generale, responsabili delle articolazioni dello Stato Maggiore; un’occasione per fare il punto di situazione sulle attività operative svolte dai Reparti del Corpo nei diversi ambiti d’intervento istituzionale.

Il Comandante Generale ha ringraziato il Ministro per la vicinanza dimostrata alle Fiamme Gialle sin dal suo insediamento. L’On. Giorgetti ha, quindi, espresso parole di vivo apprezzamento per la collaborazione in atto, in virtù di un apposito Protocollo d’intesa, tra il Ministero dello Sviluppo Economico e la Guardia di Finanza – concernente anche le misure di sostegno economico connesse all’emergenza epidemiologica da covid -19 – e per il lavoro quotidianamente svolto, con passione, professionalità e coraggio, dai Finanzieri di tutta Italia: attività nelle quali la collettività ripone aspettative sempre maggiori per l’utilità che sono in grado di generare e che trovano manifestazione concreta nelle operazioni di polizia economico- finanziaria volte all’individuazione delle più insidiose frodi fiscali, al contrasto degli “sprechi” di risorse pubbliche e della corruzione, della criminalità – anche organizzata – nella sua dimensione patrimoniale, del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della contraffazione.

Al termine della visita, il Generale Zafarana ha invitato il Ministro a firmare il Libro d’Onore del Comando Generale.

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Padova: Guardia di Finanza, maxi sequestro di 7 milioni di mascherine e saturimetri non conformi agli standard di sicurezza (video) – IL REGGINO

(168) Nei giorni scorsi, l’incessante azione di contrasto alla contraffazione e all’abusivismo commerciale, posta in essere dai Finanzieri del Comando Provinciale di Padova nell’ambito dei servizi attivati per il rispetto delle limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria, ha consentito di sottoporre a sequestro oltre 7 milioni di prodotti, tra mascherine chirurgiche, dispositivi di protezione individuale FFP2 e saturimetri.

L’attività di servizio condotta dalle Fiamme Gialle del capoluogo si è concretizzata in due distinte operazioni nei confronti di più soggetti economici, dediti al commercio illecito di mascherine chirurgiche, dispositivi medici (saturimetri) e di protezione individuale delle vie respiratorie (FFP2), particolarmente richiesti per la prevenzione e il contenimento dell’epidemia da Covid-19.

Grazie alla valorizzazione degli elementi informativi acquisiti, i Baschi Verdi della Compagnia di Padova hanno effettuato un mirato intervento, che ha permesso di scoprire un’illecita joint venture tra due imprese, una società e una ditta individuale gestite da cittadini cinesi, operanti nella zona industriale di Padova. L’obiettivo dei due soggetti economici era quello di sfruttare sinergicamente i rispettivi know how, con il fine ultimo di acquisire ulteriori quote di mercato a discapito degli onesti operatori economici. Punto cruciale di tale accordo era l’uso di una base logistica comune ove stoccare milioni di prodotti, indispensabili per far fronte all’emergenza epidemiologica. All’atto dell’intervento, scaturito dall’osservazione di diversi autoarticolati intenti, in orari insoliti, a scaricare merce, poco dopo prelevata da piccoli furgoni, all’interno di un deposito ubicato nelle vicinanze del Centro Ingrosso Cina, i Finanzieri hanno rinvenuto una considerevole giacenza di magazzino, consistente in mascherine facciali, consapevolmente accompagnate da certificati di compliance non validi in Europa, compilati ed esibiti in modo fraudolento, nonché saturimetri, muniti di un certificato di conformità rilasciato da un organismo non accreditato per quella tipologia di prodotto, recanti illecitamente il marchio “CE”.

Altre mascherine risultavano non sicure e potenzialmente pericolose per la salute, in quanto prive delle indicazioni di provenienza, delle avvertenze d’uso e della descrizione della composizione merceologica, tutte informazioni necessarie ad attestare la conformità dei prodotti agli standard di sicurezza europei e in grado di farne conoscere la tracciabilità in caso di un eventuale ritiro dal mercato. Un altro lotto di mascherine recava delle false indicazioni sulle elevate capacità filtranti del prodotto, verosimilmente utilizzate per renderle più appetibili agli occhi dei potenziali acquirenti, ingenerando in loro l’errata convinzione di essere al riparo da virus e da agenti patogeni. In ultimo, nei locali di stoccaggio era presente qualche migliaio di auricolari, riproducenti il design contraffatto dell’analogo prodotto Apple.

Si rammenta che il certificato di conformità “CE” garantisce la rispondenza di specifici prodotti ai requisiti essenziali, stabiliti dalla normativa comunitaria, per la commercializzazione e l’utilizzo nell’Unione europea ed è rilasciato da un Ente certificatore accreditato. Solo dopo aver espletato una serie di esami di laboratorio, il produttore è legittimato ad apporre il marchio “CE” sul prodotto e sull’imballaggio, a titolo di sigillo di garanzia.

Dall’analisi della documentazione commerciale rinvenuta è stato rilevato che la merce, prodotta in Cina, veniva sdoganata in altri Stati dell’Unione europea, per il tramite di una società tedesca ed una spagnola, le quali trasferivano successivamente i prodotti alle imprese italiane.

Tutti i lotti in parola, pari a 6 milioni e 800 mila pezzi circa, corrispondenti approssimativamente a 7-8 tir di materiali, sono stati ritirati dal mercato. Nello stesso tempo, il legale rappresentante della prima società, con sede a Padova, è stato denunciato alla Procura della Repubblica per frode in commercio e vendita di prodotti sia contraffatti sia con segni mendaci e anche segnalato alla Camera di Commercio di Padova per vendita di prodotti non tracciabili e insicuri. Il titolare della seconda ditta individuale, con sede a Treviso e utilizzatrice del medesimo centro di smistamento di beni, è stato segnalato alla competente Camera di Commercio per vendita di prodotti non tracciabili e per aver fornito in etichetta delle indicazioni fuorvianti per gli acquirenti, espressamente vietate da una circolare del Ministero dello Sviluppo Economico del 2020, che prevede, tra l’altro, di indicare l’avvertenza della non idoneità delle mascherine generiche alla protezione delle vie respiratorie, non trattandosi di dispositivi medici o di protezione individuale.

In un’altra operazione, le Fiamme Gialle hanno individuato un’ulteriore filiera dedita alla vendita di mascherine FFP2, mendacemente commercializzate come pediatriche. Al riguardo, i dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie sono stati studiati e realizzati per essere utilizzati da persone adulte/lavoratori. Per porre fine all’illegittima commercializzazione di tali prodotti, i militari della Tenenza di Piove di Sacco, unitamente ai Baschi Verdi di Padova, hanno effettuato un intervento presso una società di Codevigo (PD), che ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro n. 215 mila mascherine, pubblicizzate, in frode al commercio, come pediatriche. Il legale rappresentate dell’azienda, di nazionalità italiana, è stato deferito all’Autorità Giudiziaria.

Le operazioni in rassegna rientrano nel più ampio contesto delle attività svolte dalla Guardia di Finanza a contrasto degli illeciti economico-finanziari connessi al commercio di prodotti illegali e perseguono il duplice obiettivo di tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori, cui si affianca l’inderogabile esigenza di salvaguardare l’economia legale, scongiurando fenomeni distorsivi della concorrenza.

 

 

 

 

 

 

 

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Rovigo: Guardia di Finanza, operazione “Falsi orizzonti”. 21 indagati e sequestri per circa 47 milioni (video) – IL REGGINO

(167) In prosecuzione dell’attività che ha condotto le fiamme gialle di Rovigo nel febbraio scorso all’esecuzione di un sequestro preventivo per un valore di oltre 14 milioni di euro, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Rovigo ha dato esecuzione, con la collaborazione di vari reparti del Corpo attivati a livello nazionale, ad un ulteriore decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Rovigo, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Sost. dr. Mammucci e Sost. dr. Bigiarini – al fine di cautelare un patrimonio immobiliare di significativa entità, illecitamente accumulato con una serie di truffe, perpetrate prospettando alle parti offese finanziamenti o cessioni a investitori esteri.

Sono stati sequestrati un complesso industriale, 16 fabbricati e 16 terreni per un valore complessivo di 26.400.000 euro, dislocati nei Comuni di Castellamare di Stabia, Magliano in Toscana e S. Teodoro nonché la totalità delle quote societarie di una società per azioni per un valore di 20 milioni di euro, il tutto per un valore complessivo di circa 47 milioni di euro.

Ventuno sono i soggetti indagati a vario titolo per truffa, riciclaggio ed autoriciclaggio di cui 13 di nazionalità italiana e 8 di nazionalità straniera.

L’attività è stata eseguita attraverso l’ausilio di vari reparti del Corpo (2° Nucleo Operativo Metropolitano di Napoli, Compagnia di Grosseto e Compagnia di Nuoro) i quali hanno proceduto all’esecuzione delle trascrizioni dei sequestri di beni presso le competenti Conservatorie dei registri immobiliari; la misura ablativa sulle quote societarie è stata eseguita a cura della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli.

Il meccanismo fraudolento, attuato in modo sistematico, prevedeva l’avvicinamento di imprenditori o di privati, bisognosi di finanziamenti, da parte di sedicenti commercialisti/broker nazionali ove questi ultimi prospettavano l’interesse, da parte di investitori stranieri (bulgari), all’acquisto di società nazionali o di immobili di proprietà privata (in alcuni casi di particolare pregio per la zona territoriale in cui erano ubicati, es. ville con piscine a S. Teodoro, ovvero per le caratteristiche tecniche degli immobili).

In tal modo si inducevano le vittime a cedere le quote societarie ovvero i propri immobili a società bulgare o inglesi (talora intestate a prestanome), con previsione di un pagamento del corrispettivo con scadenze dai 6 mesi ad un anno e con fittizie garanzie fideiussorie, concretizzando una spoliazione dei beni di cui si appropriavano gli autori della truffa.

Nell’attività di intermediazione è intervenuta una società romana, prospettata dai sodali come economicamente solida, su cui invece pendeva un’istanza di fallimento (poi fallita nel settembre dell’anno 2019) la quale, a garanzia delle compravendite, avrebbe dovuto rilasciare polizze fideiussorie, rivelatesi poi false ed il cui legale rappresentante era contestualmente amministratore di una delle società bulgare o inglesi.

I procuratori speciali intervenivano nelle operazioni economiche anche attraverso procure rilasciate in rappresentanza delle persone offese e in un caso veniva addirittura creata una mail fittizia per far figurare una procura a vendere.

In sostanza, attraverso vari passaggi negoziali, le vittime perdevano sia la titolarità delle società in cui erano confluiti i beni, che i beni stessi. All’esito della spoliazione venivano poi operate ulteriori alienazioni dei beni ovvero delle quote societarie delle società interessate, in modo da frapporre ostacoli all’identificazione della provenienza delittuosa dei beni medesimi, così integrando le condotte di riciclaggio e facendo in modo che le proprietà rimanessero sempre sotto la sfera di influenza degli artefici della frode.

A tal fine venivano appositamente costituiti dei GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) nel cui patrimonio confluivano i beni precedentemente sottratti. Allo scopo di frapporre un ulteriore schermo a protezione di tale patrimonio veniva inoltre creato un trust o venivano simulate cessioni a terzi.

L’attività di indagine costituisce espressione delle funzioni di polizia economico finanziaria assegnate al Corpo della Guardia di Finanza, finalizzate al contrasto dei sistemi di frode più dannosi che generano danni alla collettività e agli imprenditori onesti attraverso l’inquinamento dell’economia legale.

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Rieti: Guardia di Finanza, operazione “Deflated company”. Sequestrati 12 milioni per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte – IL REGGINO

(166) La Guardia di Finanza di Rieti nei giorni scorsi ha ultimato l’esecuzione di complesse indagini di polizia giudiziaria delegate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti, per le quali sono state denunciate quattro persone fisiche in concorso e segnalate 4 persone giuridiche (società di capitali) per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento dell’Imposta sul valore aggiunto, con contestuale esecuzione di un decreto di sequestro preventivo per equivalente, finalizzato alla confisca, del profitto del reato tributario quantificato in oltre 12 milioni di euro.

Gli accertamenti dei militari del Nucleo di Polizia economico-Finanziaria di Rieti – Sezione Tutela Economia, sono stati focalizzati su una Società per Azioni operante nel settore dei “servizi logistici relativi all’installazione di apparati meccanici ed elettrici” con sede nella provincia di Roma, la quale, gravata da un rilevante debito IVA di oltre 12 milioni di euro, al fine di sottrarsi al pagamento, aveva ceduto i più importanti rami d’azienda (contratti di installazione) del valore di circa 11 milioni di euro, a due società a responsabilità limitata (Good Companies), apparentemente non riconducibili all’amministratore della società indebitata (Bad Company).

Attraverso la minuziosa ricostruzione delle fraudolente operazioni societarie e finanziarie, i militari appuravano – in particolare – l’artificiosa costituzione di una piramide societaria, fungente da schermo, in cui le due S.r.l. beneficiarie dei rami d’azienda, avevano ceduto la totalità delle proprie quote sociali ad una holding, gestita dal reale dominus delle società coinvolte. Le attività investigative espletate consentivano inoltre di acclarare che la S.p.A., al fine di neutralizzare le azioni di recupero erariale che non le avrebbero consentito il fraudolento sgonfiamento patrimoniale, di fatto congelava l’esecutività delle cartelle esattoriali emesse, attraverso ricorsi ad hoc presentati nelle competenti sedi tributarie, al solo fine di ottenerne la sospensione. Poiché i citati provvedimenti sospensivi, come rilevato dalle fiamme gialle, in linea anche con l’attuale e consolidato orientamento giurisprudenziale, non fanno venir meno – in sede penale- l’esigenza cautelare atta a garantire la pretesa erariale, veniva richiesto alla competente A.G. l’emissione di un decreto sequestro per equivalente corrispondente alle cartelle “sospese”. Per le illecite condotte poste in essere sono stati pertanto denunciati quattro responsabili all’Autorità giudiziaria reatina che, condividendo le proposte dei finanzieri, emetteva specifico Decreto di sequestro finalizzato alla confisca sui patrimoni degli indagati e delle quattro società di capitali coinvolte, a garanzia dell’ingente debito erariale.

Efficaci si sono rilevate le indagini e le relative operazioni di polizia giudiziaria finalizzate all’esecuzione del provvedimento, concretizzatesi nell’apprensione di una rilevante somma, pari ad oltre 5 milioni di euro giacenti sui conti correnti delle cosiddette good companies nonché su quelli degli amministratori, oltre che delle quote societarie delle compagini coinvolte e di un consistente patrimonio immobiliare in capo a due degli indagati, consistenti in due ville con piscina, per un valore commerciale di oltre 1.500.000,00 di euro.

L’efficacia dell’azione investigativa dei finanzieri si è rivelata altresì determinante alla luce degli effetti conseguiti all’esecuzione delle misure ablative, poiché hanno consentito, a titolo di garanzia, la stipula ex post di un formale concordato fra l’Agenzia delle Entrate e le società debitrici, finalizzato al pagamento delle ingenti imposte dovute.

L’attività testimonia ancora una volta l’attenzione che la Guardia di Finanza di Rieti, unitamente alla locale Procura della Repubblica, costantemente ripongono nella salvaguardia dell’economia legale e nella tutela delle imprese sane del territorio, in una sinergica azione di contrasto ad ogni forma di illecito economico-finanziario, che trova, nell’aggressione patrimoniale dei soggetti responsabili, la forma più incisiva di ristoro dei cittadini onesti, soprattutto in un periodo caratterizzato da una grave crisi economica indotta dall’attuale emergenza epidemiologica.

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Guardia di Finanza e Consiglio Nazionale delle Ricerche insieme per la valorizzazione della storia del Corpo – IL REGGINO

(152) Guardia di Finanza e Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), con la collaborazione del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano – Osservatorio sul patrimonio scientifico e tecnologico, hanno stretto una sinergia finalizzata alla valorizzazione della storia del Corpo, attraverso una rinnovata ed ancor più razionale attività gestionale dei beni storico-documentali presenti nei Reparti GDF dislocati sul territorio nazionale.

Proprio oggi, prende infatti il via il 1° Corso informativo per il personale addetto a Musei Archivi e Biblioteche (MAB): “cultural heritage”.
Tale corso è soltanto uno degli step previsti nell’accordo di collaborazione scientifica sottoscritto da Maurizio Vitale, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal V Reparto – “Comunicazione e Relazioni Esterne” del Comando Generale della Guardia di Finanza.

L’attività formativa interdisciplinare in parola, infatti, rientra in un più ampio progetto attraverso il quale è prevista anche l’implementazione di un’infrastruttura digitale da impiegare nella gestione integrata dei beni archivistici, bibliografici e museali del Corpo.

La direzione tecnico-scientifica sulle diverse linee di attività previste nell’accordo è affidata ad Alessia Glielmi, responsabile degli Archivi del CNR.

Il corso – della durata di una settimana – è rivolto ai 14 militari delle Fiamme Gialle che prestano servizio in musei, archivi o biblioteche, che operano come conservatori museali e progettisti di sistemi culturali, nonché nell’ambito della ricerca storica.

L’attività didattica e laboratoriale in parola si svolge a Roma all’interno della struttura che ospita il Museo Storico della Guardia di Finanza, Ente morale dal quale dipendono cinque Sezioni distaccate sul territorio nazionale (presso il Centro di Aviazione di Pratica di Mare, la Scuola Alpina di Predazzo, la Scuola Nautica di Gaeta, la Legione Allievi di Bari e Palazzo Corner Mocenigo di San Polo in Venezia), alle quali sono affidate diverse iniziative di carattere didattico ed espositivo oltre che di conservazione dei cimeli derivanti dall’ormai lunga storia del Corpo, nato nel 1774 con la denominazione di “Legione Truppe Leggere” per la difesa militare dei confini, oltre che per la tutela degli interessi economici del Regno di Sardegna.

Docenti del corso sono:

  • per la gestione dei beni archivistici, Alessia Glielmi, Responsabile degli Archivi del CNR e docente di Archivistica presso l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”;
  • per la gestione dei beni bibliografici, Francesco Greco, funzionario amministrativo filiera giuridico/amministrativa e prodotti web based dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nonché docente di Bibliografia presso l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”;
  • per i beni museali e la gestione delle collezioni, Laura Ronzon, Direttrice delle Collezioni, Giovanni Cella, Collection manager e Vincenzo Iannone, Responsabile Inventario-Catalogo, i quali ricoprono tali incarichi presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.

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Livorno: Guardia di Finanza, maxi frode fiscale internazionale. Sequestri per 36 milioni a carico di 3 imprenditori ed un commercialista – IL REGGINO

(151) L’indagine è partita da Piombino (LI), con la scoperta di società “cartiere” che hanno emesso fatture false milionarie, poi circolate tra Milano e Napoli, con il coinvolgimento di aziende estere. Fatture false per complessivi 760 milioni di euro, che hanno interessato 62 imprese, in un giro che era gestito da un sodalizio criminale campano.

La Guardia di Finanza di Livorno ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo campano, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente di liquidità e altri beni nella disponibilità di 4 indagati, per un valore complessivo pari a oltre 36.000.000 di euro di imposte evase. All’esecuzione dei sequestri patrimoniali, nel corso della mattinata odierna, stanno collaborando anche Reparti della Guardia di Finanza di Napoli e di Milano.

È l’esito dell’Operazione “Metal Ghost”, che ha consentito nella mattinata odierna di sequestrare conti correnti, partecipazioni societarie, immobili e automezzi nei confronti dei responsabili di una maxi-frode fiscale nel settore del commercio all’ingrosso di minerali metalliferi e metalli ferrosi.

Le indagini, condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Piombino, di concerto con il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (P.E.F.) di Livorno e dirette dalla Procura della Repubblica di Napoli, dopo la trasmissione del fascicolo ad opera dell’A.G. labronica, hanno fatto emergere l’esistenza di un sodalizio criminale campano principalmente operante su Napoli, Livorno e Milano, che aveva ideato e messo in opera un complesso sistema fraudolento, ora smantellato, finalizzato alla commissione di frodi fiscali transnazionali.

Gli indagati, reiteratamente nel corso degli anni, hanno realizzato un enorme giro di fatture false, del valore medio di circa 1 milione cadauna, relative a operazioni di vendita, acquisto e trasporto “via gomma” ovvero “via mare” di metalli del tutto inesistenti per un importo complessivo di oltre 760 milioni di euro, evadendo l’Imposta sul Valore Aggiunto per 33 milioni di euro nonché l’IRES per 3 milioni di euro. Per realizzare queste frodi il consorzio criminale si è avvalso di 62 società, di cui 48 italiane e 14 estere, senza disporre di magazzini né di strutture logistiche proprie ricollegabili a traffici con miniere. È stato calcolato che, in base alle fatture, gli indagati avrebbero dovuto movimentare oltre 23.000 tonnellate di minerali, una mole di scambi inverosimile per tipologie di prodotti così rare.

In particolare, secondo quanto ricostruito, sul territorio dell’Unione europea era stato costituito un gruppo di imprese “fantasma” che fatturavano fittiziamente colossali traffici di materiali siderurgici (ferro-molibdeno e triossido di molibdeno, utili a indurire e prevenire la corrosione dell’acciaio), a supporto dei quali tuttavia gli investigatori non hanno trovato idonea documentazione né adeguate movimentazioni finanziarie. Una di queste “imprese fantasma”, milanese, era stata costituita a seguito del furto di identità di un ignaro cittadino di Formia (LT).

I finanzieri di Livorno hanno scoperto la frode:

  • partendo dalla verifica delle operazioni commerciali di due delle aziende appartenenti al cosiddetto “carosello”, che avevano il ruolo di “cartiere”, con sede nella provincia di Livorno (una srl a Campiglia Marittima e una ditta individuale San Vincenzo);
  • tracciando le fatture per operazioni inesistenti, verso imprese sia estere sia nazionali, utilizzate quali “letter box company” (letteralmente, società inesistenti delle quali è possibile trovare solo la cassetta della posta);
  • scoprendo via via sempre nuove società appartenenti al “carosello”, le quali portavano avanti il vorticoso giro di fatture false. Con ciò, gli imprenditori coinvolti consentivano alla cosiddetta s.p.a. capofila del carosello, avente sede legale a Napoli e sede operativa a Milano, di:
  1.  creare crediti Iva da utilizzare in compensazione nelle liquidazioni Iva;
  2.  costituire un plafond Iva annuale da spendere in dogana ovvero presso fornitori nazionali per effettuare acquisti senza l’applicazione dell’Iva;
  3. legittimare la commercializzazione di metalli di dubbia provenienza, rivendendoli a prezzo di costo grazie al plafond fittizio.

I principali attori del consorzio criminale sono quattro uomini di origini partenopee, due dei quali soggetti A.I.R.E. rispettivamente di 49 e 58 anni residenti in Svizzera, incaricati della gestione occulta della società capofila, un commercialista di 57 anni residente in Lacco Ameno (NA) che curava gli aspetti tecnici e amministrativi e un “esperto del settore” di 66 anni, residente a Basiglio (MI), operante quale imprenditore “palese” nei rapporti con i terzi.

La condotta criminale ipotizzata dalla Procura della Repubblica di Napoli e confermata dal Gip è l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, tra cui l’emissione e l’utilizzo di fatture false, l’indebita compensazione di crediti d’imposta inesistenti e l’occultamento delle scritture contabili. Contestata anche la responsabilità amministrativa per il reato associativo commesso dagli amministratori della società capofila del “carosello”.

L’imposta netta complessivamente evasa, quantificata dalla Guardia di Finanza di Livorno, ammonta a 36 milioni di euro, importo che è stato indicato dal Gip di Napoli quale profitto del reato e quindi oggetto del sequestro preventivo odierno, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente che le Fiamme Gialle stanno eseguendo in queste ore.

Parallelamente, in relazione alle imposte evase, l’Agenzia delle entrate di Napoli ha emesso i pertinenti avvisi di accertamento e ha rigettato i ricorsi avanzati dagli indagati.

Le 62 società interessate dalle indagini hanno sede nei seguenti luoghi:

Italia: Napoli (4 società), Cercola (NA), Ercolano (NA), Pozzuoli (NA), Afragola (NA) (2 società), Casoria (NA), Milano (6 società), Agrate Brianza (MB), Cernusco sul Naviglio (MI), Zibido San Giacomo (MI) (2 società), Bergamo, Brescia (2 società), Roncadelle (BS), Paitone (BS), Torbole Casaglia (BS), Rodengo Saiano (BS), Valmadrera (LC), Castiglione Olona (VA), Cassina Rizzardi (CO), Selvazzano Dentro (PD), Torri Di Quartesolo (VI), Sarcedo (VI), Fara Vicentino (VI), Udine, Massa (MS) (2 società), Carrara (MS), San Vincenzo (LI), Campiglia Marittima (LI), Rovereto (TN), Genova, Assisi (PG), Roma (2 società), Mosciano Sant’Angelo (TE), Tortoreto (TE), Carapelle (FG).

Regioni italiane interessate: Lombardia (20 società), Trentino Alto Adige (1 società), Veneto (4 società), Friuli Venezia Giulia (1 società), Liguria (1 società), Toscana (5 società), Marche (2 società), Umbria (1 società), Lazio (2 società), Campania (10 società), Puglia (1 società).

Estero: Gran Bretagna, Svizzera (2 società), Repubblica Ceca, Croazia, Romania (3 società), Ungheria, Polonia, Bulgaria (4 società).

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Roma: Guardia di Finanza, operazione “Corolla”. sequestrati beni per oltre 40 milioni ad imprenditore “fiscalmente pericoloso” (video) – IL REGGINO

(143) Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito il decreto di sequestro emesso, su richiesta della Procura della Repubblica capitolina, dal locale Tribunale – Sezione Specializzata Misure di Prevenzione nei confronti di Fabrizio AMORE (classe 1957), avente ad oggetto un ingente patrimonio del valore di oltre 40 milioni di euro.

L’imprenditore romano, attivo nel settore delle costruzioni, è stato coinvolto in varie vicende giudiziarie (relative anche ad appalti pubblici) e arrestato, nel 2015, per associazione per delinquere, reati tributari, turbata libertà degli incanti e truffa ai danni dello Stato.

Prendendo le mosse dall’esame degli atti dei diversi procedimenti penali, gli specialisti del GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma hanno individuato il metodo utilizzato, per circa venti anni, da AMORE per procurarsi profitti illeciti, poi reimpiegati in acquisizioni patrimoniali riferibili a società utilizzate come “schermo giuridico” e intestate a compiacenti “prestanome”.

In particolare, l’imprenditore ha costituito e gestito una complessa galassia societaria, la cui riconducibilità all’effettivo dominus delle imprese italiane era ostacolata dall’interposizione fittizia di soggetti giuridici ubicati all’estero (tra l’altro, nelle Isole Vergini Britanniche, a Panama, in Lussemburgo e in Svizzera) al fine di far confluire su conti correnti oltre confine rilevanti disponibilità finanziarie frutto delle frodi fiscali e bancarotte poste in essere in Italia.

Tali precedenti hanno consentito di inquadrare AMORE tra i soggetti “socialmente pericolosi” ai sensi del c.d. Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011) e i conseguenti approfondimenti economico-finanziari hanno permesso di ricostruire le ricchezze nella sua disponibilità, assolutamente sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati – costituite da oltre 430 unità immobiliari tra appartamenti, garage, fabbricati commerciali e terreni, ubicati a Roma, Pomezia, Rieti, Olbia e Porto Cervo – che sono state, pertanto, sottoposte a sequestro.

L’odierna attività testimonia il costante impegno della Procura della Repubblica, del Tribunale e della Guardia di Finanza di Roma nell’aggressione ai beni accumulati con i proventi delle attività illecite.

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Messina: Guardia di Finanza, individuati 260 indebiti percettori di “buoni spesa” (video) – IL REGGINO

(142) I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina, nell’ambito dell’attività di polizia economica e finanziaria tesa alla vigilanza ed alla tutela del bilancio dello Stato, della Regione e degli Enti pubblici, hanno rilevato una serie di irregolarità nelle istanze presentate da parte di 260 richiedenti il c.d. “Buono Spesa” e altri benefici economici, quali “Sostegno alle locazioni” e “Buono baby sitting”, residenti a Messina e in tutta la provincia.

L’attività ispettiva ha evidenziato come i responsabili, sulla scorta dei modelli di autocertificazione redatti dallo Stato o dai Comuni, avessero sottoscritto l’istanza di accesso all’intervento socio-assistenziale e le relative dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, sostenendo di trovarsi nelle condizioni previste ed elencate negli appositi avvisi pubblici.

Di contro, gli accertamenti posti in essere dalle Fiamme Gialle in tutta la provincia, che hanno preso in esame i dati autocertificati nelle richieste di erogazione dei contributi economici presentate e che, allo stato, ha riguardato circa 3.000 istanze da inizio pandemia, hanno evidenziato che diversi nuclei familiari percepivano forme di sostegno economico tra loro incompatibili, ovvero avessero indicato dati falsi o omesso informazioni dovute. Sulla scorta delle informazioni acquisite, pertanto, numerose autocertificazioni risultavano prive dei requisiti previsti nei relativi avvisi pubblici.

Di qui l’emersione dei 260 indebiti percettori, di cui 40 venivano segnalati alle Procure della Repubblica di Messina, Barcellona Pozzo di Gotto e Patti, per il reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato e falso in atto pubblico, mentre i rimanenti 220 soggetti venivano segnalati alle competenti Autorità per l’irrogazione delle previste sanzioni amministrative.

In tale contesto, veniva parallelamente avviata anche l’azione amministrativa per il recupero delle somme già erogate, per oltre € 37.000,00, su un totale di contributi allo stato controllati pari a circa € 150.000,00, nonché inviata apposita segnalazione agli Enti erogatori per la decadenza dall’ammissione ai benefici richiesti.

L’attività di servizio odierna conferma il ruolo di polizia economico-finanziaria affidato al Corpo della Guardia di Finanza, a contrasto delle condotte tenute da coloro i quali, accedendo indebitamente a prestazioni assistenziali erogate dallo Stato, sottraggono importanti risorse economiche destinate a favore di persone e famiglie che si trovano effettivamente in condizioni di disagio.

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Catania: Procura della Repubblica, D.D.A. e Guardia di Finanza, operazione Prison dealer (video) – IL REGGINO

(141) Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate da questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania nei confronti di 16 soggetti, sottoposti a indagine, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanza stupefacente nel carcere di Augusta – Brucoli, oltre che per associazione per delinquere finalizzata all’indebito procacciamento di apparati telefonici per i detenuti della stessa casa circondariale e, infine, per corruzione di pubblici ufficiali per atti contrari ai doveri di ufficio.

Nel dettaglio, l’attività d’indagine, svolta dai finanzieri del Nucleo PEF di Catania – Gruppo Tutela Economia, in stretto collegamento con il Comando della Polizia Penitenziaria in servizio presso lo stesso Istituto penitenziario di Augusta, ha consentito di fare luce su una ramificata organizzazione criminale attiva tra Catania e Augusta, finalizzata al reperimento e allo spaccio di sostanza stupefacente di varia tipologia (cocaina, marijuana, hashish e skunk) tra i detenuti del predetto istituto di pena, oltre all’illecita immissione e consegna, a favore degli stessi soggetti reclusi, di telefoni cellulari e apparecchi per la comunicazione.

In particolare, le investigazioni, iniziate a settembre del 2020, hanno permesso di:

– appurare, in primo luogo, che l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti è stata promossa da due soggetti detenuti nel carcere di Augusta, Dario Giuseppe MUNTONE e Luciano RICCIARDI, i quali, attraverso telefoni cellulari illegalmente introdotti nella casa circondariale, hanno diretto le attività dei sodali all’esterno – volte al reperimento, al deposito e al trasporto di diverse tipologie di sostanza stupefacente – oltre che provveduto a organizzare la materiale, illecita introduzione delle sostanze in carcere e a gestire la cassa comune dell’associazione criminale;

– individuare, all’esterno della casa circondariale, gli altri partecipi dell’associazione, i quali hanno organizzato un articolato e ben definito sistema per acquistare, nascondere, confezionare, trasportare e infine introdurre in carcere lo stupefacente e gli apparati di comunicazione.

In particolare, Michael CUSMANO si è attivato per l’acquisto, presso alcuni fornitori (Santo RIOLO e Michael SANFILIPPO) delle partite di stupefacente, che poi veniva custodito e confezionato in dosi, pronte per lo smercio, da Rosaria BUDA.

Acquistato lo stupefacente, Michele PEDONE – Sovrintendente della Polizia penitenziaria, in servizio presso il carcere di Augusta – aveva il compito, dietro compenso, del trasporto e dell’introduzione della droga nella stessa casa circondariale mentre Giovanna BUDA ha garantito, d’intesa con i predetti sodali, il costante approvvigionamento di telefoni cellulari e SIM card, oltre che i relativi accessori, per la successiva introduzione in carcere, sempre a cura dello stesso PEDONE. A tale riguardo, poiché le indagini hanno evidenziato che PEDONE, nell’esercizio della sua funzione di pubblico ufficiale, ha ricevuto somme di denaro per il trasporto e l’illecita introduzione della droga e degli apparecchi telefonici nel carcere di Augusta, a lui – e tutti i menzionati appartenenti all’associazione criminale quali corruttori – è stato contestato il reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio. Lo stesso PEDONE – individuato anche grazie al contributo fornito dal gruppo di comando del carcere di Augusta – godeva all’interno dell’istituto di connivenze e coperture sulle quali sono in corso ulteriori accertamenti.

Una volta introdotti in carcere i diversi quantitativi di stupefacente – sono state acquisite evidenze di 5 consegne di droga – i citati MUNTONE e RICCIARDI hanno provveduto a cederlo, dietro pagamento, ad altri reclusi (Sebastiano MUREMI, Simone SAPIENZA, Giuseppe GENESIO, Fabiano SCATTAMAGLIA, Eros MILONE, Francesco MACCARRONE e Francesco FERLITO), i quali, a loro volta, lo hanno rivenduto ad altri detenuti.

In esito alla complessa e articolata attività di indagine del Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, su proposta di questo Ufficio, ha pertanto emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 16 soggetti – sottoposti a indagine, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio

di sostanza stupefacente nel carcere di Augusta e associazione per delinquerefinalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali e all’indebito procacciamento di apparati telefonici per i detenuti della stessa casa circondariale – per come di seguito specificato:

custodia cautelare in carcere: BUDA Giovanna, nata a Catania l’11/12/1989; BUDA Rosaria, nata a Catania il 02/11/1984; MUNTONE Dario Giuseppe, nato a Catania il 03/09/1985; PEDONE Michele, nato a Taranto il 16/09/1970; RICCIARDI Luciano, nato a Catania il 06/03/1990; BUREMI Sebastiano, nato a Lentini (SR) il 19/06/1994; CASTRO Piero Orazio, nato a Catania il 23/02/1993; FERLITO Francesco, nato a Catania il 16/07/1978; GENESIO Giuseppe, nato ad Avola (SR) il 23/06/1988; MACCARRONE Francesco, nato a Catania il 03/07/1973; MILONE Eros, nato a Lentini (SR) il 03/11/1998; RIOLO Santo, nato a Catania il 15/02/1982; SANFILIPPO Michael, nato a Catania il 12/10/1999; SAPIENZA Simone Alfio, nato a Militello in Val di Catania il 17/101998; SCATTAMAGNA Fabiano, nato a Siracusa il 24/07/2000;

–  arresti domiciliari: CUSMANO Michael, nato a Catania il 9 ottobre 2001.

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Roma: Guardia di Finanza, operazione “Broking bad”. Arrestato Torzi, coinvolto nell’affaire della vendita dell’immobile londinese al Vaticano (video) – IL REGGINO

(138) Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma stanno eseguendo l’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali con la quale il G.I.P. del Tribunale capitolino, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma, ha disposto l’arresto nei confronti di TORZI Gianluigi (classe 1979), nonché la misura interdittiva del divieto di esercitare la professione di commercialista o uffici direttivi di imprese per la durata di 6 mesi nei confronti di CAPIZZI Giacomo (classe 1969), CAMALO’ Alfredo (classe 1978) e DEL SETTE Matteo (classe 1967), tutti indagati, a vario titolo, per emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti, nonché, soltanto il primo, per autoriciclaggio.

TORZI è il noto broker finanziario coinvolto nella vicenda della compravendita dell’immobile al n. 60 di Sloane Avenue a Londra, per la quale è sotto inchiesta da parte dell’Autorità Giudiziaria Vaticana, che gli ha contestato un illecito profitto pari a 15 milioni di euro.

Sulla base delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica agli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma, a seguito della richiesta di assistenza giudiziaria formulata dal Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, è stato ricostruito come parte della predetta somma, bonificata a due società inglesi dell’imprenditore molisano, sia stata impiegata per l’acquisto di azioni di società quotate nella borsa italiana – per un importo di oltre 4,5 milioni di euro, che gli ha consentito, dopo pochi mesi, di conseguire un guadagno di oltre 750.000 euro – e per ripianare il debito di 670.000 euro di altre due aziende allo stesso riferibili.

Dagli elementi acquisiti è stato altresì accertato un giro di false fatturazioni – non collegato all’operazione immobiliare londinese – realizzato da TORZI, unitamente a CAPIZZI e ai commercialisti di riferimento del gruppo di imprese italiane ed estere riconducibili al broker, CAMALO’ e DEL SETTE, senza alcuna giustificazione commerciale e al solo scopo di frodare il Fisco.

L’attività odierna testimonia il costante impegno della Procura della Repubblica e della Guardia di Finanza di Roma nel contrasto alle frodi fiscali e al riciclaggio dei proventi delle attività illecite.

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Palermo: Guardia di Finanza e Carabinieri NAS, operazione “Tutto in regola”. Arrestati per corruzione un ex funzionario del Policlinico “Giaccone” ed un imprendito (video) – IL REGGINO

(137) Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i Finanzieri del locale Comando Provinciale e i Carabinieri del NAS hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo con la quale sono stati applicati gli arresti domiciliari nei confronti di:

– Maurizio D’ANGELO (cl. 57 di Palermo), già segretario del Dipartimento dei servizi centrali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo e

– Alessandro CACCIOPPO (cl. 72 di Messina), già rappresentante legale della Italy Emergenza Cooperativa Sociale, con sede a Messina,

indagati per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio unitamente a T.I. (cl. 79 di Palermo), S.M.L. (cl. 76 di Palermo) e G.F. (cl. 45 di Messina).

Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per 260.000 euro quale prezzo e profitto della corruzione.

L’indagine, inizialmente avviata dai Carabinieri del NAS di Palermo, su segnalazione dell’azienda ospedaliera, ha evidenziato gravi anomalie nella gestione del servizio di trasporto ammalati all’interno del nosocomio, appaltato alla ITALY EMERGENZA nel 2012 e svoltosi sino al 2018, con una spesa preventivata pari a 4,5 milioni di euro.

Il pubblico funzionario D’ANGELO aveva, infatti, attestato la conformità delle fatture rilasciate dalla società nonostante fossero prive dei documenti e delle informazioni previste dal capitolato speciale d’appalto con particolare riguardo all’indicazione specifica dei servizi resi e nonostante fossero stati addebitati all’ente pubblico costi inerenti al personale già compresi nelle prestazioni remunerate.

Per effetto di tali atti contrari ai doveri d’ufficio l’azienda ospedaliera ha sostenuto un maggiore costo pari a euro 3.367.800.

I successivi approfondimenti delegati agli specialisti del Nucleo di polizia economico- finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, svolti attraverso complesse indagini finanziarie e riscontri documentali, hanno consentito di contestare un patto corruttivo fra il legale rappresentante della cooperativa CACCIOPPO e il pubblico funzionario D’ANGELO, remunerato per la sua infedeltà con 130.000 euro, corrisposti attraverso sofisticati stratagemmi per “schermare” gli illeciti flussi finanziari.

In un caso la cooperativa ITALY EMERGENZA ha corrisposto su un conto corrente cointestato a T.I., figliastra del dipendente pubblico e al coniuge, S.M.L., la somma di € 80.000, poi pervenuta nella diretta disponibilità del D’ANGELO, artificiosamente giustificata dalla volontà di risolvere bonariamente una potenziale controversia di lavoro a fronte di una prestazione irregolare svolta dalla medesima T.I. nei confronti della cooperativa, rapporto che si ritiene non sia in realtà mai avvenuto.

In un’altra circostanza, una società immobiliare, legalmente rappresentata da G.F., di fatto collegata alla ITALY EMERGENZA, ha bonificato su un conto corrente, cointestato al D’ANGELO e a un’anziana signora, ulteriori 50.000 euro.

Per giustificare il pagamento la società ha acquistato dalla donna un’immobile fatiscente, contestualmente concesso in locazione alla suddetta cooperativa che, al di fuori da ogni logica commerciale, versava immediatamente proprio la somma di 50.000 euro come pagamento anticipato dei canoni di locazione per un periodo di sei anni, somma poi entrata definitivamente nella disponibilità del pubblico funzionario.

L’odierna attività evidenzia, ulteriormente, il perdurante impegno della Procura della Repubblica di Palermo, per il contrasto della corruzione e delle più gravi forme di reato contro la Pubblica Amministrazione che sottraggono alla collettività risorse pubbliche, incidendo pesantemente anche sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini, soprattutto in un settore delicato come quello della sanità.

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Guardia di Finanza: pubblicato il bando dI concorso per l’ammissione di 66 allievi ufficiali presso l’Accademia a.a. 2021/2022 – IL REGGINO

(130) Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a Serie Speciale – nr. 19 del 9 marzo 2021, è stato pubblicato il concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’ammissione di 66 allievi ufficiali del ruolo normale – comparti ordinario e aeronavale – all’Accademia della Guardia di Finanza per l’anno accademico 2021/2022.

I posti disponibili sono così ripartiti:
a) 58 (cinquantotto) destinati al comparto ordinario;
b) 8 (otto), destinati al comparto aeronavale, suddivisi così come segue: 4 (quattro) riservati alla specializzazione “pilota militare”; 4 (quattro) riservati alla specializzazione “comandante di stazione e unità navale”.

La presentazione delle domande dovrà avvenire entro le ore 12.00 dell’8 aprile 2021 e riguardare uno solo dei predetti comparti e specializzazioni.

Possono partecipare al concorso i cittadini italiani che:

–  abbiano, alla data del 1° gennaio 2021, compiuto il diciassettesimo anno di età e non superato il giorno del compimento del ventiduesimo anno di età (vale a dire siano nati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 1° gennaio 2004 – estremi inclusi);

–  siano in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado che consenta l’iscrizione a corsi di laurea previsti dalle Università statali o legalmente riconosciute;

–  non essendo in possesso del previsto diploma alla data di scadenza per la presentazione delle domande, lo conseguano nell’anno scolastico 2020/2021.

La domanda di partecipazione al concorso dovrà essere compilata esclusivamente mediante la procedura telematica disponibile sul portale attivo all’indirizzo “https://concorsi.gdf.gov.it”, seguendo le istruzioni del sistema automatizzato.

I concorrenti, che devono essere in possesso di un account di posta elettronica certificata (P.E.C.) o ricorrere, se minorenni, a quello in uso a uno dei componenti del nucleo familiare esercente la potestà genitoriale o, in mancanza, al tutore, dopo aver effettuato la registrazione al portale, potranno accedere, tramite la propria area riservata, al form di compilazione della domanda di partecipazione.

Sul predetto sito internet è possibile acquisire ulteriori e più complete informazioni di dettaglio sul concorso e prendere visione del bando.

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Venezia: Guardia di Finanza, operazione “Wooden heads”. Maxi frode fiscale internazionale, 4 arresti e sequestri per 10 milioni – Il Reggino

(125) La Guardia di Finanza di Venezia ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pordenone, su richiesta della Procura della Repubblica di Pordenone, con la quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere di 3 soggetti ed una misura domiciliare per un ulteriore indagato, tutti responsabili dei reati di riciclaggio ed emissione ed utilizzo di fatture false nell’ambito di una maxi frode fiscale internazionale nel settore del commercio di rottami di ferro e di bancali di legno.

Con lo stesso provvedimento è stato disposto il sequestro, anche per equivalente, di denaro, beni mobili e immobili degli indagati per un ammontare di circa 10 milioni di euro, quale provento delle condotte illecite.

Sono altresì in corso 11 perquisizioni nelle provincie di Venezia, Padova, Treviso e Udine, eseguite dai militari della Compagnia di Portogruaro e dei Reparti della Guardia di Finanza competenti per territorio.

L’indagine è scaturita degli esiti di una perquisizione locale disposta dalla Procura della Repubblica di Pordenone nell’ambito di un procedimento penale a carico di uno degli indagati. Durante le operazioni, eseguite dalla Compagnia di Portogruaro, l’interessato aveva tentato di disfarsi, lanciandoli oltra la siepe di recinzione della propria abitazione, di un hard disk e di uno smartphone.

Il gesto non è tuttavia sfuggito ai finanzieri che, recuperati prontamente i dispositivi, hanno proceduto all’estrazione e all’analisi forense del loro contenuto, con l’ausilio di un consulente tecnico nominato dalla Procura di Pordenone.

I dati così estrapolati hanno permesso di individuare un sodalizio criminale radicato nel portogruarese e dedito al riciclaggio di denaro frutto di evasione fiscale, con la compiacenza della criminalità cinese in Veneto.

Articolato e insidioso il sistema fraudolento utilizzato dal gruppo. I membri dell’organizzazione si rendevano disponibili a ricevere ingenti quantità di denaro da imprenditori italiani su conti correnti esteri intestati a società dell’est d’Europa intestate a prestanome.

A questo scopo, le cartiere emettevano fatture di comodo nei confronti delle aziende nazionali per giustificare formalmente e contabilmente i trasferimenti di fondi all’estero come pagamenti di operazioni commerciali, in realtà del tutto fittizie.

Una volta accreditati sui conti esteri di destino, i capitali venivano immediatamente trasferiti con bonifico presso una banca di Shangai, in conti correnti di fiancheggiatori dell’organizzazione.

L’avvenuto accredito delle somme in Cina era successivamente comunicato ai referenti in Italia dell’organizzazione che, sulla base dei contatti con esponenti della criminalità cinese della provincia di Padova, si recavano in specifici luoghi di incontro per l’incasso in contanti delle somme bonificate, depurate di una percentuale per il servizio illecito reso.

I contanti venivano poi distribuiti tra gli imprenditori italiani che, all’inizio del giro illecito, avevano ricevuto e pagato le fatture emesse dalle società cartiere estere, anche in questo caso con la trattenuta di una percentuale come pagamento del servizio ricevuto.

Plurimi i vantaggi della frode individuata. Gli indagati hanno lucrato consistenti percentuali di guadagno grazie alle transazioni finanziarie, nascondendosi dietro prestanome inconsapevoli.

Gli imprenditori italiani utilizzatori delle false fatture, oltre a contabilizzare costi inesistenti, si sono precostituiti fondi neri da impiegare per fini personali o per alimentare altri circuiti di evasione fiscale, tramite acquisti in nero e l’utilizzo di manodopera non regolare.

La criminalità cinese ha potuto esportare, senza rischi e con vantaggiosi meccanismi di compensazione, ingenti quantità di capitali verosimilmente frutto di evasione fiscale e di altre condotte illecite.

Il giro d’affari al momento ricostruito dai finanzieri della Compagnia di Portogruaro supera i 60 milioni di Euro.

A comprova della falsificazione delle fatture e alla estero-vestizione delle società, sono stati ritrovati nelle abitazioni degli indagati, tra Portogruaro e San Michele al Tagliamento, tutti i timbri relativi alle citate società dell’est nonché dei trasportatori esteri. Nessuno dei trasporti documentato era mai stato realmente eseguito.

A margine dell’indagine sono stati ricostruiti a carico di uno degli indagati 2 ulteriori meccanismi di evasione delle imposte. Il primo è stato realizzato con lo spostamento, solo cartolare, dei dipendenti di aziende al medesimo riconducibili in una società con sede formale a Malta creata ad hoc per favorire l’evasione contributiva.

Il secondo è stato perpetrato attraverso la creazione di un sistema di false fatturazioni volto alla creazione di costi e crediti IVA fittizi, con un’evasione ai fini delle imposte dirette per circa 4 milioni di euro e di I.V.A. per ulteriori 800.000 euro.

Le indagini dei finanzieri della Compagnia di Portogruaro sono state dirette dal Procuratore della Repubblica di Pordenone, dott. Raffaele Tito e dal Sostituto Procuratore, dott.ssa Monica Carraturo.

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Messina: Guardia di Finanza, operazione “Last bet”. Confiscati beni per oltre 10 milioni ad un mafioso operante nel settore delle scommesse illegali – Il Reggino

(124) I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione, questa mattina, ad un decreto di confisca di beni per un valore di oltre 10 milioni di euro nei confronti di LA VALLE Domenico cl. 60 e della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni cinque.

Nel dettaglio, la complessa attività investigativa – disposta dalla Direzione Distrettuale Antimafia peloritana – trae origine da mirati approfondimenti sviluppati dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, con specifico riferimento al redditizio settore del gioco e delle scommesse illegali.

Proprio in tale ambito, le Fiamme Gialle messinesi acquisivano come il citato LA VALLE Domenico, noto imprenditore locale, risultasse tra gli elementi apicali di un’importante quanto strutturata consorteria mafiosa, egemone nella zona sud di Messina, dedita al sistematico ricorso a metodi violenti per imporre, anche con atti estorsivi, la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie.

Nel merito, dopo una minuziosa ricostruzione storica del profilo soggettivo del LA VALLE, anche valorizzando i numerosi procedimenti penali in cui risultava coinvolto sin dalla fine degli anni ’90 (da cui invero usciva assolto), venivano rilette in un’ottica nuova le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, attestando come il medesimo avesse acquisito il ruolo di riferimento del clan TROVATO del rione “Mangialupi” di Messina nella gestione delle bische clandestine, nonché nella distribuzione dei videopoker. Dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa per via della carcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da altri, il LA VALLE assumeva un controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della famiglia, costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale” e facendo da contraltare al ruolo “operativo” ricoperto dai fratelli TROVATO.

Sul punto, quindi, dopo circa due anni di indagini, nel febbraio 2018, poi confermata in appello a gennaio 2019, interveniva sentenza di condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d’azzardo, reati fiscali, usura e lesioni.

In altre parole, le investigazioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ed eseguite dai militari del G.I.C.O. documentavano come, nonostante le diverse assoluzioni, il LA VALLE risultasse figura di rilievo nel panorama mafioso cittadino, in grado, da un lato, di imporre la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona, dall’altro, garantire agli esercenti accondiscendenti di poter godere della connessa protezione mafiosa del clan.

Emergevano, in altri termini, una pluralità indefinita di comportamenti criminali indicativi di un profilo del LA VALLE Domenico di soggetto socialmente pericoloso, ma anche una significativa disponibilità di risorse finanziarie, anche rese accessibili agli esponenti del clan, in assolvimento del suo ormai accertato ruolo di “cassiere”.

Proprio tali qualificazioni consentivano ai Finanzieri, quindi, su delega della Procura della Repubblica di Messina, di avviare mirate investigazioni economico – patrimoniali, tese a quantificare e conseguentemente aggredire l’enorme patrimonio riferibile al LA VALLE, non giustificato dai redditi leciti dichiarati al fisco, anche avvalendosi dell’apporto di fidati prestanome, ovvero schermando la proprietà immobiliari attraverso propri familiari.

In sintesi, le investigazioni complessivamente svolte – abbraccianti un periodo di un trentennio – restituivano una situazione di assoluta assenza di uniformità nel rapporto reddito/patrimonio, consentendo al Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione, di disporre l’odierno provvedimento di confisca relativamente a 6 aziende, operanti nel settore del noleggio delle apparecchiature da gioco, della rivendita di generi di monopolio e del settore della produzione e vendita di prodotti dolciari, 19 unità immobiliari, 2 autovetture, 1 gommone e svariati conti correnti, per un valore complessivo di stima di oltre dieci milioni di euro.

L’attività svolta, in conclusione, testimonia il grande impegno dell’Autorità Giudiziaria e della Guardia di Finanza messinese nel delicato settore del contrasto alle organizzazioni criminali, vieppiù di matrice mafiosa, con conseguente aggressione degli enormi illeciti patrimoni accumulati, prima sottoposti a sequestro ed ora sottoposti a confisca, così restituendo alla collettività e all’imprenditoria onesta significativi spazi di legalità.

 

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Modena: Guardia di Finanza, maxi sequestro di beni per 2 milioni a carico di un 50enne di Vignola

(120) Sequestrati beni per 2 milioni di euro nel modenese. Questa mattina, i militari della Guardia di Finanza di Modena hanno sottoposto a sequestro, a Modena, Reggio Emilia e relative province, i beni e i rapporti finanziari e bancari, per un valore stimato di circa 2 milioni di euro, riconducibili a F.S., vignolese classe 1970, con precedenti penali per ricettazione, reati fiscali e fallimentari.

L’esecuzione del sequestro dei beni rappresenta l’epilogo della complessa e articolata attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Modena, finalizzata alla ricostruzione del profilo di pericolosità sociale del proposto e all’individuazione degli asset patrimoniali e finanziari acquisiti illecitamente dallo stesso e dal suo nucleo familiare.

L’uomo, infatti, è stato riconosciuto come soggetto connotato da una pericolosità sociale generica alla luce del suo coinvolgimento in diversi procedimenti penali, incardinati presso la Procura della Repubblica di Modena, che hanno permesso di individuare e ricostruire un’organizzazione criminale che, tramite la sistematica creazione di falsi crediti I.V.A., ha generato una rilevante evasione da “riscossione”, utilizzando il sistema della compensazione, causando all’Erario un danno quantificato in decine di milioni di euro a partire dal 2015.

Il soggetto colpito oggi dalla misura di prevenzione era il dominus del sodalizio criminale smascherato dall’attività investigativa dei finanzieri modenesi, che ha posto in evidenza una serie di operazioni rivelatrici di capacità contributiva, quali l’acquisito di quote societarie, beni mobili ed immobili che, oltre ad essere state perfezionate con capitali illeciti, non trovano riscontro con i redditi dichiarati. Tale quadro fattuale è aggravato dalla sistematica interposizione fittizia operata tramite prestanome e familiari, che rende ancora più rilevante la “sproporzione” tra i redditi censiti ed il compendio patrimoniale posseduto.

Le indagini hanno permesso di ricostruire la rete dei prestanome tramite la quale il cinquantenne vignolese ha realizzato quell’apparente spostamento di ricchezza. Si sono, così, raccolti elementi utili per ascrivere a tali soggetti la mera formalità e non il reale possesso di quote societarie, di immobili e delle risorse finanziarie necessarie per concretizzare i plurimi negozi giuridici individuati, viziati ab origine nell’intento e simulati sotto il profilo soggettivo, in quanto privi di reali vincoli tra le parti contraenti.

Alla luce degli elementi raccolti, il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Modena segnalava alla locale Procura della Repubblica di valutare la richiesta a carico del soggetto sopracitato di applicazione della misure di prevenzione personale della “sorveglianza speciale” ex art. 6 del D.Lgs. nr. 159/2011 nonché l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale volta ad attingere i beni, che per gli elementi compendiati, si è ritenuto essere stati acquistati con i proventi dell’attività illecita, in ossequio al c.d. requisito di “correlazione temporale” tra acquisizione e pericolosità, fino alla concorrenza dell’importo sproporzionato pari a oltre 2 milioni di euro.

La Procura della Repubblica di Modena – nella persona del Sost. Proc. dott. Giuseppe Amara – avanzava al Tribunale di Bologna proposta di applicazione di misure di prevenzione a carattere personale e patrimoniale ex art. 4 e 16 D. Lgs. n. 159/2011, sulla base della quale la competente Sezione Misure di Prevenzione, in accoglimento della proposta avanzata, ha emesso il provvedimento di sequestro anticipato ex art. 20 D. Lgs. 159/2011 di beni riconducibili, anche per interposta persona, nei confronti del proposto e dei suoi familiari, per un valore complessivo di euro 2.014.393,45.

L’attività odierna conferma l’impegno profuso dalla Guardia di Finanza, con il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, nel campo delle investigazioni patrimoniali e la conseguente applicazione di misure ablative anche nei confronti di soggetti c.d. “fiscalmente pericolosi”, cioè di coloro che, per condotta e tenore di vita, si ritiene vivano abitualmente, anche in parte, con proventi derivanti da delitti di natura economico-finanziaria. Oggi, infatti, il contrasto alla criminalità appare sempre più in linea con la lotta a tutte quelle manifestazioni economiche che scaturiscono da condotte illecite connesse alla commissione di reati finanziari di particolare spessore.

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Persone scomparse: nuovi strumenti a disposizione grazie all’intesa con la Guardia di Finanza firmata dal Commissario Straordinario Silvana Riccio che prevede l’impiego anche degli aeromobili per raggiungere le zone più impervie

(119) Il Commissario Straordinario del Governo per le persone scomparse, Prefetto Silvana Riccio e il Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza – Gen. C.A. Umberto Sirico, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato a consolidare la collaborazione istituzionale nelle attività di ricerca delle persone scomparse.

Nello specifico, l’obiettivo dell’accordo è di condividere sul territorio, su richiesta dei prefetti, procedure di coordinamento per l’impiego del Soccorso Alpino della Guardia di finanza (S.A.G.F.) e degli aeromobili – ad ala fissa, rotante e a pilotaggio remoto – del Corpo, dotati di moderne tecnologie, in attività di ricerca con particolare riferimento alle zone montuose, non antropizzate o impervie.

Al fine di rendere più celeri gli interventi, è stata prevista la possibilità di trasportare, su tutto il territorio nazionale, gli operatori militari e civili del soccorso mediante i mezzi aerei in dotazione alla Guardia di finanza.

Gli interventi saranno condotti, inoltre, con l’ausilio di unità cinofile addestrate nella ricerca di persone, anche quelle non più in vita, in superficie, in valanga e in macerie, utilizzando sensori all’avanguardia per la geo-localizzazione di telefoni cellulari e apparati satellitari.

“In base a tale Protocollo – spiega poi il Commissario Riccio – anche i Prefetti, attraverso i Comandi provinciali, potranno chiedere la collaborazione della Guardia di Finanza tramite l’impiego di risorse umane, mezzi e strumentazioni da utilizzare per le attività di ricerca. Un accordo di notevole rilevanza, che andrà ad implementare in maniera sostanziale le risorse già a disposizione delle prefetture, per contrastare in maniera sempre più efficace il fenomeno delle persone scomparse”.

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Milano: Guardia di Finanza, 16 arresti per frode fiscale, riciclaggio ed abusivismo finanziario con il metodo “Hawala”

(118) I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano, su delega della locale Procura della Repubblica (Proc. Agg. dott.ssa Laura Pedio, Sost. Procuratore dott.ssa Francesca Crupi e Sost. Procuratore dott. Adriano Scudieri), stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 16 soggetti e un sequestro preventivo, in via d’urgenza emesso dal Pubblico Ministero, su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 1,7 milioni di euro.

I citati provvedimenti rappresentano l’epilogo di una maxi-operazione condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano (convenzionalmente denominata “CASH AWAY”), che ha consentito di disarticolare uno strutturato sodalizio criminale, con base a Milano e nell’hinterland, operante in Italia e all’estero, promosso ed organizzato da due broker hawala di origini egiziane e dedito alla raccolta ed al trasferimento di ingenti risorse finanziarie di origine illecita, al riciclaggio del denaro oggetto della abusiva prestazione di servizi di pagamento, all’emissione e all’utilizzo di fatture di operazioni inesistenti emesse da società create ad hoc.

Le investigazioni, originariamente avviate dalle Fiamme Gialle per accertare infiltrazioni della criminalità di origine straniera nel tessuto economico lombardo, hanno consentito di ricostruire due distinti modus operandi di raccolta e trasferimento di denaro di provenienza illecita.

Innanzitutto, è emerso che i citati broker, mediante la c.d. “hawala” classica, in violazione della normativa finanziaria vigente nel nostro Paese ed in assenza delle previste autorizzazioni, per conto dei clienti raccoglievano e trasferivano in Italia e all’estero – Egitto, Spagna, Malesia – ingenti somme di provenienza illecita; la descritta operatività avveniva attraverso la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di “codici”, noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni; a fronte di tali prestazioni, i broker percepivano una commissione variabile tra il 2 e il 5 per cento.

Inoltre, l’attività investigativa ha consentito di disvelare un ulteriore modus operandi, c.d. “hawala” complessa, in base al quale:

– i broker consegnavano le somme di denaro, ricevute in contanti dai clienti, a imprenditori italiani compiacenti;

– questi ultimi provvedevano a disporre bonifici per importi equivalenti a terze società, italiane o estere, indicate dagli stessi clienti, sovente giustificando, sul piano contabile, le movimentazioni finanziarie in uscita annotando fatture risultate riferite ad operazioni inesistenti, essendo emersa l’inconsistenza dei sottostanti rapporti economici.

Talvolta, gli imprenditori ripetevano, specularmente, le stesse operazioni di trasferimento verso società facenti capo a soggetti cd. “terzi terminali”, conferendo loro denaro contante, a fronte della disposizione, da parte di questi ultimi, di bonifici, anche in tal caso formalmente giustificati, a catena, mediante l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.

Le somme trasferite illecitamente venivano riciclate in varie parti del mondo attraverso rimesse finanziarie destinate a società estere, localizzate in Repubblica Ceca, Malesia, Francia, Danimarca e Belgio.

La complessiva attività investigativa ha consentito:

–  di ricostruire circa 100 milioni di Euro di flussi finanziari movimentati su 193 rapporti utilizzati dai membri dell’associazione criminale;

–  attraverso l’analisi forense di dispositivi sequestrati dalla polizia giudiziaria, di far emergere che gli indagati avevano stipulato accordi di fatturazione fittizia per oltre 3 milioni di Euro.

Attualmente circa 100 Finanzieri sono impegnati nell’esecuzione di oltre 20 perquisizioni locali e domiciliari, con il supporto dei Reparti della Guardia di Finanza territorialmente competenti, in Lombardia, Veneto e Toscana.

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Treviso: Guardia di Finanza, operazione “Giallo oro”. 2 arresti e 33 denunce per contrabbando di gasolio; sequestri per 1,7 milioni

(117) I finanzieri del Comando Provinciale Treviso, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno concluso una vasta operazione, denominata convenzionalmente “Giallo Oro”, nel settore del contrasto al traffico internazionale di prodotti petroliferi, prelevati da raffinerie dell’Est Europa e destinati a essere immessi in consumo in Italia, in evasione d’imposta, come gasolio per autotrazione di scarsa qualità.

Le fiamme gialle trevigiane, nel corso di diversi interventi, eseguiti negli ultimi mesi lungo le arterie autostradali che collegano il confine orientale al resto del Paese, hanno denunciato 35 persone (31 stranieri e 4 italiani, questi ultimi residenti tra le province di Mantova, Napoli e Catania), arrestandone due in flagranza di reato. I reati contestati sono il contrabbando di gasolio e l’irregolarità nella circolazione di veicoli dedicati al trasporto di prodotti petroliferi sottoposti ad accise.

Sono stati inoltre sequestrati beni per un valore di 1,7 milioni di euro, tra cui 8 motrici, 15 semirimorchi, 1 distributore clandestino e 345.000 litri di olio minerale.

I successivi sviluppi delle indagini hanno poi consentito di accertare il consumo in frode, sul territorio nazionale, di 1.800.000 litri di gasolio e l’omesso versamento di accise per un milione di euro.

II gasolio, trasportato all’interno di cisterne e autoarticolati (spesso privi dei requisiti minimi di sicurezza previsti per il trasporto di merci pericolose), proveniva da raffinerie ubicate in Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria e Austria. Qualora fossero stati elusi i controlli della Guardia di Finanza, sarebbe stato immesso in consumo, senza pagamento delle accise, in diverse aree del territorio nazionale, tra cui le province di Milano, Roma, Latina, Frosinone, Foggia, Napoli, Ancona, Mantova, Caserta e Catania, dove sarebbe stato stoccato in depositi abusivi e successivamente miscelato prima della vendita al dettaglio.

Il prodotto petrolifero, allo scopo di eludere i controlli delle pattuglie su strada, veniva dichiarato cartolarmente come solvente o liquido anticorrosivo: dalle analisi chimiche è emerso invece che era composto per il 70% da gasolio e per la parte residua da olio vegetale, idoneo comunque a garantire la carburazione in motori diesel. Era inoltre accompagnato da documenti sui quali figuravano destinazioni finali fittizie, come Grecia, Malta e Spagna. Su autorizzazione della Procura della Repubblica di Treviso, il prodotto sequestrato è stato assegnato ai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco di Treviso, Belluno e Verona.

L’operazione, volta a tutelare gli operatori onesti e i cittadini, costituisce un ulteriore tassello del dispositivo di controllo economico, da parte della Guardia di Finanza, del territorio provinciale e regionale, con particolare riferimento ai flussi di veicoli provenienti dalla cosiddetta “rotta balcanica”, in un’area caratterizzata da traffici illeciti diretti verso l’intero territorio nazionale.

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